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Gian Luigi Falabrino KUGLUF e altre poesie Trieste Venezia Giulia
Gian Luigi Falabrino
Gian Luigi Falabrino KUGLUF Cronache da una marca di confine e altre poesie 1948 1998 prefazione di Adriano Sansa
Una recensione del Volume di poesie intitolato “Kugluf – Cronache da una marca di confine”, di Gian Luigi Falabrino, non può – a mio avviso – prendere le mosse unicamente dal libro in oggetto, in quanto sarebbe riduttivo nei confronti dell’intera epica di Falabrino, una vicenda artistica e intellettuale non riducibile solo a queste pagine.
In Falabrino, nei suoi scritti – e in Kugluf – come affluenti di un fiume, si gettano nella corrente principale vari corsi d’acqua, che determinano la forza e la pressione del fiume principale: quella dell’intellettuale “integrato”. A partire dal secondo dopoguerra, non si può negare l’importanza, l’impatto, la forza innovatrice della civiltà industriale, delle “macchine”, delle fabbriche, quali simboli di un rinnovamento anche in senso culturale. Il passaggio dalla civiltà contadina alla civiltà industriale ha visto nascere, oltre alla figura dell’operaio, quella dell’intellettuale “integrato”, ovvero, del creativo al servizio del mondo produttivo. Espressione ne sono la pubblicità, la comunicazione d’impresa, l’arte applicata, il design. In questo crogiolo di discipline integrate, si inseriscono l’opera e il pensiero di Falabrino, anche laddove egli – come in Kugluf – affronta il doloroso tema della Venezia Giulia e dei territori istriani prima e dopo la guerra, con eccidi e guerre etniche, spartizioni territoriali che hanno determinato la fetta più dolorosa – insieme a quella del terrorismo degli Anni’70 – della storia italiana dal dopoguerra in avanti.
Kugluf è poesia civile, è storia in versi, versi che si fanno prosa e racconto, racconto di vite di singoli che sono la vita di tutti, microcosmo esistenziale di singole vite, che rimanda – ineluttabilmente – al macrocosmo storico, alla collettività. Forte, in Falabrino, è l’imprinting etico-sociale, la marcata esigenza di narrare vicende comuni e accomunanti, secondo lo spirito socialista e illuminista che lo contraddistingue. Nei contributi per Gian Luigi Falabrino, “Coerenza e dispersione” (Domus Academy, 2000), pubblicato in occasione del settantesimo compleanno dell’intellettuale ligure, i contenuti e le molte citazioni culturali e storiche, economiche e politiche, appartenenti alla formazione e alla militanza culturale di Gian Luigi Falabrino, danno la percezione di una mente che ha saputo, sin dai lontani Anni ’50, con la Rivista “Diogene”, affrontare temi che, nel giro di trent’anni, sarebbero divenuti dei Must del pensiero contemporaneo e post-moderno: il nesso cultura-comunicazione e il valore – conseguente – del giornalismo culturale, quale “unico mezzo per mantenere il dialogo fra le minoranze specializzate ed il pubblico genericamente colto, così come è anche l’unico mezzo per far sentire la compresenza, nel mondo dell’uomo contemporaneo, della letteratura con la tecnica, della filosofia con l’economia, della storiografia con la scienza e la politica” (Falabrino).
“Kugluf – Cronache da una marca di confine e altre poesie” è una raccolta di poesie che comprende lavori datati dal 1948 al 1998. La raccolta “Kugluf” propriamente detta, la prima del libro – con poesie dedicate a personaggi “minori” di vita nella Venezia Giulia, che racchiude vaghe assonanze con Antologia di Spoon River – inizia col “narrarci” vicende strazianti di una terra giuliana devastata, smembrata dall’odio che la nuova Juogoslavia nutriva per l’etnia italiana, con conseguenza di ferocia e disumanità ben descritta in versi di amore e morte, di pietà e odio, di vendetta e perdono. Scritte negli Anni ’80, queste poesie “giuliane” sono la derivazione di quel nucleo di pensiero formatosi nel lavoro per la rivista “Diogene”, di quello spirito “illuminista” che si stava delineando in Falabrino, che l’avrebbe condotto – in linea con l’epica storica e umana di questi lavori – a concepire una visione della Storia che sia – oltre che storia collettiva – anzitutto storia-di-singoli-nella-collettività, ovvero, risultato di un disegno comune, di un comune destino di uomini, in quanto “la divisione tra passato e presente, fra individuale e collettivo, fra una generazione e l’altra” (Adriano Sansa), lo aveva stancato. Gian Luigi Falabrino esprime con questi versi, con voce umana e sofferta, spirito di tolleranza e amore per la Storia, due qualità che fanno di lui oltre che un poeta civile, un uomo – prima di tutto – animato dall’anelito per la giustizia.
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