Jonathan Lethem AMNESIA MOON erede di grandi romanzieri come John Steinbeck e Conrad Richter
Viene qui narrata una storia surreale, apocalittica. I toni usati da Lethem sono vicini a quelli del linguaggio avant-pop, che ebbe il suo massimo precursore in Philip K. Dick.
La fantascienza – come metafora del sociale – è uno strumento che, nelle mani di Lethem, si carica di critica aspra ai meccanismi di un mondo rovinato dal capitalismo e dalla tecnologia. La metafora della catastrofe permette a Lethem di descrivere una società orientata verso lo sperpero delle risorse, e quindi destinata alla propria autodistruzione. Il linguaggio è teso, ironico, aspro, minimale. Nulla è concesso alla descrittività fine a se stessa, anche se le descrizioni dei paesaggi dell’Ovest americano sovrastati da cieli radioattivi sono molto belle, e rimandano alla grande tradizione americana della letteratura naturalistica di frontiera. Lethem è infatti, a mio avviso, l’erede di grandi romanzieri come John Steinbeck e Conrad Richter, scrittori delle grandi pianure e maestri dell’affresco epico. Non si parla qui di contadini poveri o di disperati cowboy, ma di sopravvissuti a una catastrofe colpiti da una strana forma di amnesia. Eppure il tono è sempre quello del romanzo d’avventura, a tratti anche ilare malgrado la tragedia descritta. Il gioco a intarsi e a scatole cinesi usato da Lethem ci rimanda a “Occhio nel cielo” di Philip K. Dick. Non vi è grande originalità in questo libro, tuttavia il testo ha il pregio di inserirsi in una tradizione consolidata e di rispettarla a testa alta.
©, 2007
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