RAYMOND CARVER racconti SE HAI BISOGNO CHIAMA
Da sempre Raymond Carver ci ha abituati a una prosa secca, a frasi così brevi da sembrare sospese a metà, a finali spiazzanti, a vicende dal sapore tragico. Questi sono gli ultimi racconti scritti da Carver, e sembra siano anche quelli oltre i quali non ci sia più speranza di scoprire, in qualche cassetto, altri suoi inediti. Quindi li leggiamo come un addio, come una sorta di suo epitaffio. Li leggiamo con tristezza, anche se la gioia è immensa nel poter dire di leggere ancora del buon Carver, come si assapora l’ultimo bicchiere di vino di un vitigno scomparso. La gioia di chi è stato accompagnato, per un tratto della sua vita, da questo grande compagno di viaggio, ma la tristezza, anche, di sapere che – con lui – il viaggio è giunto al termine. E che dopo c’è solo l’eternità.
Bando alle malinconie.
Siamo alle solite: personaggi solitari, in fuga da se stessi, villettine anonime in anonimi sobborghi americani, matrimoni in frantumi, alcoolismo. La solita miscela esplosiva di Carver. Esplosiva, sì, che però non produce che esplosioni silenziose, soffocate, subacquee. Un grande silenzio, al solito. A leggere questi racconti, ancora una volta provo dentro di me un grande silenzio. Carver: l’insuperato maestro del silenzio. Un silenzio che però non è un nulla, ma è quello del bosco, che si può popolare di tanti infinitesimali suoni, che sono i moti improvvisi della Nostra anima. Che piange, chiede aiuto, o a tratti gioisce.
©, 2009
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