IL CONCETTO DI PARI OPPORTUNITA’
Il termine “pari opportunità” è stato respinto dalla parte del pensiero femminile contrapposto alla cultura della differenza e reso sinonimo di parità od omologazione all’altro sesso. Spesso si è avvertita l’esigenza di accostare allo specifico “pari opportunità” l’accezione di opportunità equivalente, perché non la si considerava sufficiente ad esprimere significati rispetto a necessità, critiche e pratiche, culture del vivere quotidiano di persone, non solo dei due sessi, ma differenti per etnia, età, scelte. Subentra la necessità di ragionare sull’accezione del concetto di differenza, sulle diversità, tentando di ricostruire mappe di senso, relativo ai percorsi effettuati in tale indirizzo, circa le esperienze di confronto tra sessi, gli ambiti di condivisione, le istituzioni dell’incontro e della conflittualità, gli spazi del ripensamento, per un neofemminismo che pratica l’intreccio e l’accostamento tra generazioni. Nelle società in cui si riproducono differenze, diseguaglianze, inevitabili conflitti, emerge forte la necessità di definire la questione delle diversità, come bisogno di “opportunità equivalenti” all’interno delle società della diversità, multiculturale o plurale, in contesti sociali fortemente differenziati e segmentati di parità o di stati equivalenti e di possibili percorsi, plurali e differenti che comunque tendono alla parità. L’impegno a realizzare condizione di uguaglianza e universalismo non ha finora portato agli esiti prefissi. Si auspica lo sviluppo di un sistema di apprendimento, un learning organization, una società capace di apprendere, una lifelong learning, una società in grado di crescere culturalmente per tutto l’arco della vita.
Come si può realizzare l’apprendere, il comunicare, il praticare relazioni e ruoli adulti, nella prospettiva di una cultura di pari opportunità, rispetto alle diversità, alle differenze di genere e di generazione?
Occorre sperimentare la costruzione di questo passaggio, di questa transizione epocale e distale, nel tempo e nello spazio: la questione investe tutti gli aspetti della diversità, della società delle differenze. In tal senso ci si pone la questione di come il sistema sociale in cui siamo collocati possa funzionare come un sistema di istituzioni intelligenti, di learning organizations. Una prospettiva di pari opportunità presuppone strategie di cambiamento. La miglior legge contro specifiche forme di discriminazione non abbatte il pregiudizio che la circonda.
Quindi comunicare le pari opportunità sarà inteso come contributo al cambiamento dei comportamenti e delle mentalità. Occorre considerare il comunicare le pari opportunità, nella sua forma di strumento e stimolo per instaurare, rinforzare e garantire una relazione dialettica tra i concetti di differenza tra generazioni, tra sessi ed equità. Un’ulteriore area di esplorazione consisterà nel forte potere riparativo e lenitivo che la relazione tra sessi e generazioni esercita sulle dinamiche di conflitto, spesso provocate dalla percezione di diversità. Il conflitto sarà inteso quale genesi di atteggiamenti discriminatori e precipitati del pregiudizio.
Il “ritorno della differenza” si presenta quale pluriverso variegato di aspetti, neoconservatori e neoradicali, oppure anche, semplicemente, riflessivi rispetto alle spinte di emancipazione egualitaria.
Il termine differenza risulta strettamente congiunto ad identità come fondamento dei processi di costituzione dell’uguaglianza. Varie tipologie di diversità come quelle di genere, di etnia, di religione, differenze svariate, frammentate, segmentate, si sono menifestate anche più rilevanti e diverse nelle loro implicazioni, rispetto alla supposizione fattiva del reale e alla vecchia dicotomica differenza di classe.
L’affiorare delle differenze precede il crogiuolo di eventi quali il crollo del comunismo, le difficoltà della socialdemocrazia, l’acuirsi dei conflitti etnici e nazionali. Alcune differenze corrispondono a diseguaglianze: gruppi di diverse etnie, nazionalità, sesso, religione, sono in posizione di svantaggio rispetto a diritti a cui ognuno vorrebbe accedere, all’interno delle varie società, come per esempio, l’istruzione e il lavoro.
Nell’etica e nella definizione delle politiche, la lezione che si ricava è sfuggire alla falsa dicotomia tra una teoria rigida dell’eguaglianza e della giustizia e il suo abbandono, nella ricerca di domande sempre più frammentate, ma occorre lavorare ad un’articolazione crescente di regole generali, allargando le strette maglie dell’egualitarismo liberale, per rivolgersi ad un ripensamento della cittadinanza che non venga lacerata ma arricchita dalle differenze.
©, 2003
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