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Come donne, portiamo avanti una riflessione globale che vede l’essere umano di genere femminile e, come in uno specchio, quello di genere maschile, nella loro interezza. Vi è un intreccio inscindibile fra cultura e modo di considerare la sessualità umana e una ricaduta profonda e un’importante interazione tra cultura, vita e società civile.
La conflittualità culturale che permea ogni relazione umana ha la sua base
nella diversità, a cominciare da quella di sesso
nello scarto fra l’utopia che intravvediamo e l’ambiguità di ogni impresa per raggiungerla
nell’impossibilità per l’essere umano di abitare l’opposizione, di cogliere i punti estremi contemporaneamente, oscillando tra l’uno e l’altro
[1]Le culture si sono sviluppate sui tentativi successivi degli umani di superare le diversità, di colmare lo scarto di rendere realizzabile l’utopico. La rivelazione della differenza sessuale come positività, attribuisce diritto di cittadinanza culturale a tutte le altre differenze, etniche, culturali, ma anche di età, intergenerazionali, di salute, di stato sociale ecc. Questo è importante soprattutto in un momento in cui le differenze etnico-culturali sgretolano nazioni, anche da lungo tempo costruite sull’unione di etnie diverse, in tanti piccoli satelliti. La differenza di sesso è forse attualmente quella che subisce i maggiori attacchi. Anche le scienze dimostrano che riconoscersi in un sesso è un processo culturale oltre che fisiologico e psichico.
Anche in questo campo subentra la tendenza alla confusione con una società che propone “ermafroditi” non come esseri mitici ma reali, possibili. Il transessualismo non è più un tabù, ma è la spia dell’esasperazione, dell’incertezza.
La differenza di genere non è ancora del tutto percepibile come un valore o come un paradigma per l’assunzione dell’importanza di ogni altra possibile differenza.
Le elaborazioni del neofemminismo hanno dimostrato che la partecipazione delle donne ai processi culturali è stata di notevole spessore, anche se sotterranea, tacita, priva di protagonismi, quasi ignorata dalle donne stesse.
Proprio nella quotidianità e non nelle orchestrazioni metafisiche si gioca il senso più rilevante della nostra esistenza, anche come donne. In questo senso Hannah Arendtscriveva con evidente lucidità:”E’ Vano cercare un senso della politica o un significato nella storia quando tutto ciò che non sia comportamento quotidiano o tendenza automatica è stato scartato come irrilevante”.
Abbiamo come donne forza, tenacia, creatività, capacità di resistenza anche in situazioni di tensione. Abbiamo anche una certa “innocenza” che deriva dal fatto di essere state lontane dai luoghi di potere.
Abbiamo dimestichezza con le origini della vita e della morte: “sappiamo” per retaggio atavico. Eros e Thanatos trovano ricomposizione nella nostra stessa esistenza.
Dobbiamo innanzitutto riuscire ad utilizzare le forze positive che si liberano nell’inevitabile conflitto tra i “diversi”, per sesso, per età, per cultura, come stimoli a cambiare, a crescere, neutralizzando la parte negativa del conflitto che si esprime in prevaricazione, ricerca di possesso dell’altro, tentativo di omologazione dell’altrui diversità ad un modello costruito a nostra immagine e somiglianza o per nostro tornaconto.
Il conflitto sessuale non è a se stante nella relazione, ma partecipa di una conflittualità che permea tutto il reale, perché è un atto creazionale.
[1] Garutti Bellenzier M.T. (a cura di), Donna-Uomo: la dimensione creativa del conflitto, Demian, Teramo 1993
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