Note sul ramo d’oro di Frazer di Ludwig Wittgenstein
Opera certamente singolare, per l’apparente non organicità del testo, costituito da frammenti e note probabilmente non destinate alla pubblicazione, racchiude il pensiero critico e destruens di Wittgenstein nei confronti dell’approccio logico di Frazer nel libro “Il ramo d’oro”, saggio antropologico che affronta le strutture della magia, il culto della natura e degli alberi, l’origine e la diffusione dei tabù, oltre a riscoprire numerosi personaggi classici ed approfondire riti sacrificali e tematiche legate al folklore.
Il libello di Frazer insiste di contro come un’antropologia del progresso e dell’evoluzione, oltre che come una prospettiva lucida di valutazione della magia/religione e della scienza, nella loro atavica contrapposizione. “Frazer è molto più selvaggio della maggioranza dei suoi selvaggi, perché questi non potranno essere così distanti dalla comprensione di un fatto spirituale quanto lo è un inglese del ventesimo secolo. Le sue spiegazioni delle usanze primitive sono molto più rozze del senso di quelle usanze stesse”.
Wittgenstein sottolinea deciso la netta contrapposizione tra magia e religione da una parte e scienza dall’altra. Le prime due si fondano su principi differenti rispetto a quelle implicite alla scienza. La magia non può infatti essere intesa come forma di sapere pre-scientifico perché in essa non c’è progresso, non ha una “direzione di sviluppo che le sia intrinseca”.
Il costante bisogno di Frazer di fornire spiegazioni uniformi a miti ed usanze di popoli antichi risulta quindi inefficace, così come i ragionamenti sulle manifestazioni rituali e la relativa cosiddetta “spiegazione storica”, né risulta credibile l’atto di applicare ai comportamenti umani spiegazioni simili a quelle utilizzate nelle scienze fisiche e meccaniche.
Un piccolo concentrato di tesi e teorie “critiche” di Ludwig Wittgenstein agli enunciati frazeriani, dense di sostanza e di significato filosofico.
©, 2016
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