Rosa Crosio Bianchi Andiamo a Juf
Juf, una frazione di poche baite in stile svizzero, nei Grigioni poco sopra Splügen, in prossimità delle pendici del Suretta Horn, del Piz Tambò, insaccato in quelle alture sperse oltre le verticali bastionate granitiche della Val Mesolcina, cupe e austere vallate che fanno presagire il Gotico e la mortale bellezza del Nord, coi suoi geli, i grandi silenzi solcati dal vento, la nuda solitudine.
Ci andai nel dicembre 1984, con un gruppetto di amici. Salendo verso Juf, scorsi magnifiche colate di ghiaccio, che precipitavano per almeno mille metri lungo la verticale di una parete di granito, una sfida, un desiderio che non riuscii mai a soddisfare, che ancora oggi agogno in sogno, sogni estenuanti.
Juf, misterioso luogo dell’Anima, non ben localizzato sulla cartina geografica, lontano ricordo che affonda ormai nella mitologia di un tempo remoto, dove i ricordi facilmente si mischiano alla fantasia, dove il personale si mescola al collettivo inconscio junghiano.
Juf, infine, protagonista di un libricino di narrativa, trovato in libreria sette anni fa, che solo ora leggo, e recensisco.
Lo scorsi tra i bancali, “Andiamo a Juf”. Sorpreso, quasi atterrito dal riemergere dal mio passato del ricordo mitico di quel luogo.
Chiedo al proprietario del negozio di fornire all’Autrice il mio numero telefonico. Presto ricevo una telefonata. Una voce femminile senza età. Una misteriosa persona che non può svelarsi. Che occulta il proprio numero di telefono, per non farsi rintracciare, in accordo col suo editore. Beh, era un mistero, un doppio mistero trovare un libro su Juf, e una scrittrice così sfuggente.
Passano gli anni. Leggo questo libro. Per due sere rimango incollato alle sue pagine.
Cosa trovo di Juf, in queste pagine che, sin dal loro inizio, non c’entrano nulla con l’ambiente alpino, se non nel loro epilogo ambientato in quel remoto luogo dell’Anima?
Forse vi trovo proprio tutto, quella neutralità, quell’astrazione che fanno di Juf un non-luogo, come dell’eroina del racconto “Andiamo a Juf”, una specie di non-donna non-umana, una astrazione letteraria, una sintesi algebrica di tutte le umane passioni, sessuali, sentimentali, psichiche, economiche, antropologiche.
In uno stile neutro, cronachistico, se non freddamente giornalistico, Rosa Crosio Bianchi dipana la verità su una vita dissipata, una vita ricca di eventi ma arida di amore, di veri sentimenti, della sua eroina, che già tredicenne si distingueva per le sue scappatelle in spiaggia, di notte, col bagnino, il quale le insegnerà i primi rudimenti dell’amore, rudimenti che diverranno – nella vita di Isabella – una scienza e un’arte della seduzione pianificate allo scopo di farsi mantenere da uomini facoltosi, dai grandi alberghi di Bombay a quelli degli Stati Uniti, sempre con quel distacco emotivo che fa trasparire la depressione, in Isabella, il disamore, di sé e degli altri, un disamore quasi cosmico, se non del-tutto-cosmico.
E sarà proprio dal cosmo, su a Juf – in una vacanza casuale, tanto che Isabella non conosceva la sua destinazione quando partì da Firenze, in cerca di un po’ di refrigerio per sé e il suo cane – che verrà la presa di coscienza, per Isabella. Un incontro col soprannaturale, con una verità venuta da lontano, da milioni di anni luce, a farle visita, a rapirla e a ridonarla – forse – a una vita più sincera e autentica.
Rosa Crosio Bianchi
“Andiamo a Juf”
racconti
L’autore Libri Firenze, 2001
©, 2008
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