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Alberto Giacometti in un commosso ritratto nel suo Studio -----------------------------------------Giorgio Soavi Nacque a Broni, una cittadina dell'Oltrepò pavese, nel 1923; giovanissimo, appena ventenne. aderì alla Repubblica di Salò, poi presa coscienza dell'inutile sacrificio, decise di disertare quasi subito . Questo dramma interiore, "la guerra d'altra parte" lo racconterà nel libro Un banco di nebbia, dove traccia con amarezza e ironia il percorso esistenziale e civile di una generazione e com'ebbe a dire, definendo l'opera «la storia di chi, vivendo in modo incolpevole e felice, può trovarsi da una parte sbagliata o colpevole». Nel romanzo Gli amici malati di nervi del 1953 disegna una generazione d'intellettuali che si sentono estranei ai fermenti postbellici insoddisfatti nell'intimo e che avvertono come inutile l'impegno artistico sul quale hanno posto le loro ambizioni e inutili speranze. Nel dopoguerra Soavi, a solo 22 anni, ebbe anche una fugace esperienza nel mondo dello spettacolo come cantante al Grande caffè Berardi di Roma. Per un breve periodo si trasferì a Firenze dove iniziò a lavorare come correttore di bozze alla rivista di Alessandro Bonsanti "Il Mondo" su cui scrivevano Eugenio Montale e Carlo Emilio Gadda. Coltivò una grande e duratura amicizia sia con lo scultore svizzero Alberto Giacometti a cui dedicò, per la mostra milanese del 2000 una monografia Alberto Giacometti: Il sogno di una testa, sia con Balthus con il quale condivise lunghi soggiorni nel suo chalet svizzero di Rossinière. Le raccolte di poesie La moglie che dorme del 1963 e Poesie per noi due del 1972 vennero illustrate da Renato Guttuso. Agli inizi degli anni Cinquanta Soavi fu chiamato assieme ad altri intellettuali dall'industriale Adriano Olivetti a lavorare per la sua azienda alla rivista Comunità e gli commissionò straordinarie opere d'arte da Mino Maccari a Morlotti, Cassinari, Viviani, Sutherland, Delvaux (Wikipedia)

Giorgio Soavi Guardando i pittori nel loro intimo

Giorgio Soavi Guardando i pittori nel loro intimo
E’ uno di quei libri che si leggono e si rileggono negli anni. Scritto e pubblicato in Anni in cui – anche – le grandi case editrici facevano ancora della vera diffusione culturale, in quanto il virus malefico che poi le alletterà – quello della logica del marketing editoriale volto a  promulgare, distribuire, buttare a rotta di collo sul mercato in maniera talora sconsiderata c.d. “prodotti editoriali”, e non “libri” – non si diffonderà che alcuni anni dopo, soprattutto a seguito di alcune Opere – non posso citarne i titoli in quanto potrei incorrere nel reato di diffamazione! – di Autori che iniziarono una nuova moda, determinando la china discendente dell’editoria italiana.
“Guardando” – veniamo dunque a parlare di questo bellissimo “libro” – è un testo fuori moda. Oggi, se il manoscritto pervenisse in qualche ufficio redazionale, probabilmente non verrebbe nemmeno letto e verrebbe subito cestinato. Il destino di “Guardando” è invece quello – giustamente – di un bel manoscritto arrivato negli uffici editoriali in cerca di pubblicazione prima che il declino del gusto editoriale giungesse ai – catastrofici – esiti odierni. Così, si è salvato dalla cestinatura e – oggi – Noi amanti della buona scrittura ne possiamo ancora godere, magari reggendone in mano una copia gualcita, stropicciata, macchiata di caffè, con una di quelle copertine – gradevoli e discrete – che non facevano sembrare i libri delle “puttane” alla disperata ricerca di un – improbabile – cliente in tempi di recessione.
Ritratti, ritratti scritti. Scritti dalla mano di un sensibile amante dell’arte, ma anche amico dei pittori. Amico nel vero senso del termine. Non profittatore alla ricerca del facile affare, dell’investimento da mettere in banca, magari facendo leva sull’amicizia con l’artista. Ma vero amico. Discreto osservatore del lavoro del pittore. A volte sostegno morale. Così, Giorgio Soavi, col suo tocco di “pennello” leggero, ritrae – tra gli altri – Alberto Giacometti in un capolavoro di scrittura narrativo-biografica, in un viaggio da Milano a Stampa, in Val Bregaglia (Svizzera), (continua sotto)
Alberto Giacometti ai piedi dello spigolo nord del Badile, a sinistra nell’immagine la parte occidentale del Pizzo Cengalo
alle porte con la Valtellina. In un freddo inverno. In macchina. Con la sciarpa, la pianura innevata fuori dai finestrini, dai quali entrano spifferi gelidi. Giacometti fuma, legge, non finisce mai i suoi libri. E – così come non finisce mai i suoi libri – non smette mai di incidere, scavare, butterare teste d’argilla, nel vano – e noi diremo: “per fortuna vano” – tentativo di fare una testa naturalistica. Disperato artista. Autocritico sino alla autoflagellazione. A leggerlo viene da piangere. Quale modestia. Quale umiltà. Quale follia.
Amico, si diceva, dei pittori, e non critico. Giorgio Soavi lascia volentieri da parte la critica, la storia dell’arte, l’accademia. E si approssima alle vite dei pittori come un ospite, un silenzioso compagno d’avventura. Non giudica. Non esprime concetti estetici. Ma solo umani. Troppo umani.
 
©, 2008

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