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VALENTINO GARAVANI Una grande storia italiana

VALENTINO GARAVANI Una grande storia italiana
Valentino è un nome legato al bello. Prima di Valentino Garavani, vi fu Rodolfo. Ma Garavani è in tutto il mondo conosciuto col suo semplice nome di battesimo, come del resto Dante, il poeta di tutti i tempi. Quando il nome prevale sul cognome, significa che non c’è bisogno di presentazioni. Il nome parla da sé, ed è collegato a quanto l’artista ha saputo esprimere universalmente, ai cuori, agli occhi. Il cuore di Valentino il couturier è un cuore di magia assoluta. Valentino ama il bello, e ama rendere belle le donne. Sembra essere una esagerazione: non sono già belle le donne? Sì.
Ma sfogliamo questo splendido libro, e ci rendiamo conto del significato del lavoro di Valentino.
Un lavoro iniziato negli Anni’50, e proseguito sino ai giorni Nostri lungo un tappeto rosso di grande successo, che ha visto Valentino vestire le maggiori celebrities, da Elisabeth Taylor a Jackie Kennedy a Audrey Hepburn, sino a giungere, di recente, a star come Gwyneth Paltrow. Il filo, sempre rosso – non solo dei tessuti che Valentino predilige, tanto da far guadagnare alla moda la definizione di “Rosso Valentino” – che unisce tutte le sue creazioni, è l’alta sartoria, l’alta moda, con un occhio partecipe all’alta società quale modello di una moderna decadenza che celebra il lusso in tutte le sue forme. Un lusso non sfrenato, non sbandierato, ma intimamente vissuto quale portatore di un valore aggiunto alla vita. Un lusso che non scimmiotta, ma celebra. Un lusso per pochi, per quei pochi che se lo possono permettere, e non fa sorgere il dubbio di un subdolo e triste voglio ma non posso, col conseguente accontentarsi di una griffe che del lusso – autentico – è solo una copia sbiadita.
La moda produce e ha sempre prodotto fenomeni passeggeri, per lo più legati alla necessità del grande profitto procurato dal prêt – à – porter, eppure Valentino, con lo charme e il rigore dell’artista di nobile lignaggio, non si è mai lasciato tentare dall’effimero, dalla volontà di decostruire e stravolgere, prediligendo fermamente forme classiche e rigorose. Questa tenuta nel tempo, l’amore estremizzato per abiti sempre concepiti secondo un gusto che mai tramonta, gli ha fatto giustamente guadagnare la reputazione di maestro assoluto della haute couture: Valentino.
Nel bellissimo e “commosso” articolo in apertura di Suzy Menkes (Fashion Editor dell’International Herald Tribune) ci troviamo di fronte alla grandiosità di un Maestro che custodisce la fiamma  della moda, un sacro sacerdote che – dagli anni giovanili passati a Parigi come apprendista da Balenciaga – al successivo passaggio a Roma dove, con l’aiuto dei lungimiranti suoi genitori fondò la propria Maison, ha – tramite la dolcezza squisita di tessuti impalpabili – saputo creare uno stile che è il simbolo stesso di Valentino: “ (…) l’opulenta e svolazzante leggerezza del Rococò (…)” simboleggiato nelle sue creazioni dal fiocco, (…) “ sempre perfetto e meravigliosamente proporzionato, rifinisce un cardigan in morbido satin, scende fluttuando dalla schiena come una farfalla d’organza o si drappeggia su un corpetto di lucida seta. Il fiocco viene spesso identificato con il regalo, come se le donne fossero avvolte e decorate per celebrare la loro bellezza e fragilità”. (…) “Quegli anni francesi gettarono anche le basi dello stile di Valentino, che si è evoluto in quella particolare fusione franco – italiana di barocco leggero conosciuta come Rococò”.
Ma la strada di Valentino iniziò nella nordica Voghera, sua città natale, in una famiglia che lo adorava e lo viziava. Non dovette fare molta fatica – dopo essersi distinto alla scuola di figurinismo di moda Santa Marta di Milano – a ottenere il permesso dai suoi genitori, all’età di 17 anni, di trasferirsi a Parigi per studiare nelle grandi case di moda dell’epoca. Saltò a pie’ pari l’università, e si presentò a diversi stilisti, fra cui Jean Dessès, dal quale conobbe Guy Laroche. Da quel momento in poi, la sua vita fu una brillante ascesa. Non di poca importanza, fu l’amicizia e il sodalizio con Giancarlo Giammetti. A proposito di questo, Consuelo  Crespi annota: “L’intelligenza di Giancarlo, insieme al talento e alla determinazione di Valentino, formavano una combinazione perfetta”. Da una nota biografica di Giammetti, si apre una piccola finestra sulla famiglia d’origine di Valentino, che ci mostra una madre forte e concreta, sempre vissuta in una cittadina di provincia fra le sue piante e le sue incombenze materiali, ma aperta e saggia quanto basta per comprendere il sogno del figlio, quello di diventare uno stilista.
Attraverso continui rimandi alla vita personale e lavorativa di Valentino, grazie alle note biografiche e alle testimonianze di chi lo ha conosciuto da vicino, il presente Volume ci conduce lungo tutto il sogno della Dolce Vita, degli Anni’60, con immagini preziose che celebrano la duplice bellezza della femminilità vestita da Valentino. Non sorprenderà vedere il volto di Onassis, o un set di vita privata nello chalet di Gastaad, secondo lo stile glamour e raffinato di casa Taschen, attraversando i ’70, i frivoli ’80, per giungere al presente, dando prima giustamente spazio alla riedizione de La Dolce Vita del 1995, testimoniata dalle fattezze morbide e ammalianti bianco vestite di Claudia Schiffer.        
Certo, quanto ho appena riportato non è sufficiente per capire appieno il significato del lavoro di Valentino, e per questo rimando alla lettura, e soprattutto alla visione di “Valentino Garavani – Una grande storia italiana”, edizioni Taschen.
VALENTINO GARAVANI Una grande storia italiana
a cura di Armando Chitolina
Autori: Matt Tyrnauer, Suzy Menkes
Taschen, 2009
© 2009

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