Chiedo il Vostro aiuto, in quanto Google ormai censura i siti come questo, preferendo dirottare il traffico verso "realtà" più remunerative e "allineate", per cui lancio questo appello a sostegno della libera informazione e della cultura non allineata: CONDIVIDETE IL PIU' POSSIBILE, grazie di cuore.
LE RAGIONI FINANZIARIE DELL’ATTUALE CRISI ECONOMICA
I PECCATI DEL NEOLIBERISMO
(2010)
Presso la Parrocchia S. Angela Merici di Milano, il 28 gennaio 2010 si è svolto un incontro pubblico, presieduto dallo studioso ed economista Riccardo Moro, volto a ripercorrere le tappe, le ragioni che hanno portato all’attuale crisi economica, e a tentare di dare delle risposte, non salvifiche, ma improntate alla più profonda riflessione, su come uscirne, cosa sia successo veramente, e cosa ci stia davanti in termini di impegno comunitario.
Nella lezione di Riccardo Moro, emergono delle analogie con la crisi del ’29 e, malgrado l’attuale crisi sia data per scontata e quasi per superata, la crisi è ancora consistente, e in tal senso i messaggi rassicuranti dei mass media sono alquanto menzogneri.
Perché scomodare il ’29 per leggere la crisi odierna? Dobbiamo andare sino a quegli anni, per incontrare il pensiero dell’economista John M. Keynes, che ci può, meglio di altri, aiutare a capire quanto stia succedendo. Nel ’29 regnavano una grande instabilità monetaria, una terribile inflazione, e gravi rischi di speculazione. A fronte di una situazione così rischiosa per l’economia, fu John M. Keynes a creare il Fondo Monetario Internazionale, organo di vigilanza che aveva il compito di “sorvegliare” i mercati, al fine di impedire che avvenissero quelle speculazioni finanziarie che – quasi due anni or sono, in USA – hanno determinato una crisi che fu dapprima finanziaria, ma che in breve si mutò in crisi produttiva e quindi economica. Se la tesi di Keynes era quella di un intervento dello Stato nell’economia, al fine di garantirne la stabilità, le tesi del neoliberismo e dei “monetaristi” sono contrarie a un intervento statale nell’economia, in quanto questo, a loro avviso, ha solo l’effetto di aumentare l’inflazione. Secondo i monetaristi, il Mercato si autoregola, e al suo interno è sufficiente la competizione per raggiungere un punto di equilibrio di massima efficienza. Con la crisi petrolifera della fine degli anni’70 ci fu una grandissima inflazione, cui i monetaristi vollero rispondere con una riduzione della spesa pubblica e un aumento dei tassi di interesse, ovvero, riducendo i consumi e favorendo l’investimento finanziario. Proprio nel cosiddetto mercato finanziario risiede il nocciolo che ha scatenato l’attuale crisi, in quanto il mercato finanziario è globalizzato, veloce, ed è molto più potente dell’economia reale.
Le lobby finanziarie hanno deregolamentato il mercato finanziario, e ciò ha fatto sì che gli amministratori delle Società finanziarie venissero premiati non tanto per i guadagni, ma per il volume d’affari che aumentava il valore di borsa delle azioni.
Negli anni’70 c’è stata la corsa alla ricerca di nuovi mercati, il tentativo, riuscito, da parte delle Società finanziarie di aprirsi un mercato in quella fascia di potenziali clienti interessati alle rateizzazioni. In USA, gli operatori bancari hanno iniziato ad orientarsi a offrire mutui sulla casa anche a coloro che stavano sotto la linea (sub-prime) dei solvibili. Mutui che venivano ceduti, tramite cessioni di rischio, a terzi, grazie alla deregulation. Questi titoli potevano essere mimetizzati, nei fondi d’investimento, con titoli meno rischiosi. Il valore di un fondo di investimento dovrebbe dipendere da quello che contiene, ma non si riesce mai a sapere veramente cosa ci sia, sin nei minimi particolari, in un fondo di investimento, in quanto la deregulation ha soppresso l’obbligo di dichiarare la pericolosità del titolo! Così, alla fine, un titolo doveva il suo valore a chi lo emetteva (fiducia!) e non a ciò che conteneva! Il mercato finanziario, così, si presenta come qualcosa di molto mimetico, in cui è praticamente impossibile leggere dentro. In USA, quindi, due anni fa, il mercato immobiliare è crollato, e perciò si potrebbe dire che i mancati pagamenti abbiano ripercorso a ritroso il mercato finanziario, attraverso il percorso delle cessioni: decine di migliaia di mutui non pagati. Paura. Tutti hanno cominciato a vendere i titoli che temevano contenessero i sub-prime. Tutti vendevano e le borse, alla fine, sono crollate. Anche le banche, fra di loro, cominciavano a non avere più fiducia, non sapendo con certezza cosa le une e le altre avessero in mano. Le imprese non potevano più accedere al mercato finanziario. Con la conseguente amplificazione mediatica, le famiglie si sono spaventate (ma la crisi, a questo stadio, era ancora solo finanziaria), e hanno iniziato a rinunciare all’acquisto di beni durevoli. Gli ordinamenti delle industrie automobilistiche si sono ridotti improvvisamente del 30%. La crisi, da finanziaria, stava tramutandosi in produttiva. Inizia così la mobilità per i lavoratori, la cassa integrazione, che generano nelle famiglie una contrazione del reddito. Quindi: contrazione dei consumi. Domanda ridotta alle imprese. Amplificazione di riduzione della domanda. La crisi, da finanziaria si trasforma in economica.
La dinamica che era nata per ragioni finanziarie, ha avuto un impatto drammatico sull’economia reale, sulla produzione. Oggi, ha distanza di un anno, le borse sono in leggera ripresa. Ma i tempi del recupero economico saranno ancora lunghi, perché le famiglie non sono ancora in condizione di aumentare la domanda. E’ stato necessario fare degli interventi che riportassero fiducia nel mercato, e mettessero le banche nelle condizioni di fare il loro mestiere; contraddizione che sta vivendo il Presidente Obama, che deve fare un favore a chi ha procurato questo disastro.
Riccardo Moro, 44 anni, sposato con Giusi e papà di Fatima, è un economista che si occupa di questioni internazionali e in particolare del problema della lotta alla povertà e del finanziamento dello sviluppo sostenibile nel contesto della globalizzazione. Negli ultimi anni si è occupato del problema del debito estero dei paesi del Sud del mondo, concorrendo ad animare la campagna per la remissione del debito lanciata dalla chiesa italiana, una delle più efficaci fra quelle dei paesi creditori. Attualmente è direttore della Fondazione Giustizia e Solidarietà, l’organismo creato dalla Conferenza episcopale italiana insieme a numerose organizzazioni laicali per proseguire l’impegno culturale e di divulgazione sui temi della giustizia economica internazionale e per portare a termine le operazioni di conversione di debito in Zambia e Guinea promosse durante la campagna dell’anno giubilare.
Collabora con l’Università di Torino e con la Facoltà di Economia di Roma Tor Vergata, presso la quale è fra i docenti dei Master in Economia dello sviluppo e Finanza internazionale. Fa parte del Task Group sul debito e aggiustamento strutturale, creato da Caritas Internationalis e CIDSE, la federazione internazionale delle ONG cattoliche, che dialoga con Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale su questi temi.
È tra i coordinatori di Sentinelle del mattino, la rete dell’associazionismo cattolico italiano che condivide un impegno culturale, educativo e di azione comuni sui temi della globalizzazione nata a Genova il 7 luglio 2001 in occasione del summit del G8.
Ha recentemente presentato a Milano con il cardinal Tettamanzi e il rettore della Cattolica Lorenzo Ornaghi il Volume “Impegni di Giustizia. Rapporto sul debito 2000-2005”. Con questo testo, che ha curato per la Fondazione Giustizia e Solidarietà, con i materiali di divulgazione che lo accompagnano, la chiesa italiana torna a fare il punto della situazione sul debito a cinque anni dal Giubileo, riproponendo alle istituzioni, ma anche a tutte le comunità e le famiglie del Nostro paese, il tema della corresponsabilità nelle sperequazioni economiche e sociali presenti in modo grave nel pianeta.
Tra le sue pubblicazioni:
Governare la globalizzazione. Una sfida possibile per costruire la pace, AVE 2003
Pagare con la vita. Lo scandalo dell’indebitamento dei paesi poveri, EMI 2000
e in collaborazione:
Impegni di Giustizia. Rapporto sul debito 2000-2005, Fondazione Giustizia e Solidarietà EMI 2005
Debito dei paesi poveri: quali politiche per il dopo cancellazione, IPALMOLaterza 2004
Pace e Globalizzazione. Percorsi di riflessione e schede di approfondimento, EMI 2003
Dov’è la Pace sulla Terra? Lettera aperta alle donne e agli uomini di buona volontà, EMI 2001-2002
crisi economica del 2008 ragioni finanziarie
Fonte: www.chiesacattolica.it
questa pagina contiene alcuni collegamenti esterni il cui contenuto informazioneecultura.it ha verificato solo al momento del loro inserimento; informazioneecultura.it non garantisce in alcun modo sulla qualità di tali collegamenti, qualora il loro contenuto fosse modificato in seguito.