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QUANDO L’INFORMAZIONE NASCE IN FUNZIONE DELLA PUBBLICITA’
IL FUTURO DEI GIORNALI
Prendo spunto da una serie di articoli apparsi su New Tabloid – giugno-luglio 2014 – per riferire a quanti si interessino di nuove forme di comunicazione il quadro emerso da recenti ricerche e convegni. Più qualche mia considerazione.
Il giornalismo sta cambiando? Forse sì. Mai come ora che, nelle redazioni, sono spuntati svariati mezzi tecnologici che definiscono quella che è stata chiamata New Internet: smartphone, tablet, connected TV, social network, video, pay e data-driven advertising. Un settore che, nel 2013, è cresciuto del 73 % generando un volume d’affari di 600 milioni di euro.
Nell’era New Internet gli affari cresceranno, è vero, ma è anche vero che la velocità e frammentarietà dell’informazione fanno porre interrogativi sulla precisione della fonte, e della notizia che ne consegue. Ogni informazione è notizia? C’è chi sostiene che, oggi, un “vero” giornalista non possa fare a meno di Twitter. Una volta il repoter scarpinava per le strade, consumandosi la suola delle scarpe a caccia di notizie; oggi, si consuma la vista sui social. Dove e come, però, poter verificare l’attendibilità della fonte? Se tutto è notizia, non c’è più notizia, ma una forma “orizzontale”, “infinita” di informazione, talvolta cattiva, alterata. Ma questi sono i tempi, e ci si deve pure adattare. Saranno ben contenti i “padroni” della rete (Goole e Facebook) se persino la carta stampata si “omologa” al digitale; è la conferma del loro potere, e della loro pervasiva capacità di omologare le masse.
C’è chi dice che la carta, sia pure “straccia”, non morirà mai.
Ormai, nelle aziende, i responsabili della comunicazione stanno gran parte del loro tempo sui social. A parte che di “social”, il social ha ben poco, ma è – al contrario – un “luogo” neutro e sterile, privo di tutte le componenti “reali” dell’interazione sociale; a parte questo, un orientamento così marcato al digitale, credo finirà ben presto per disumanizzare la comunicazione, rendendola un puro e semplice scambio di informazione “neutre” tra il classico “emittente” e il classico “ricevente”, una comunicazione appiattita e disumanizzata fra due macchine, comandate da due persone estranee fra di loro.
Con l’avvento di nuovi algoritmi, chiamati “giornalisti robot”, si sta generando una vera e propria valanga di informazione, la cui vera utilità sfugge a chi scrive. Il troppo, il superfluo, lo tsunami informativo, genera solo “obesità” nelle teste dei cittadini, obesità informativa. Perché si sta profilando il bisogno – nevrotico? psicotico? – di una tale opprimente ondata di piccole news, che si dimenticano un istante dopo averle lette?
Creare nuovi spazi pubblicitari, per chi deve vendere prodotti di consumo?
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