Jack London La Peste Scarlatta
– Perché dici sempre tante cose che nessuno capisce? Scarlatto non è nulla, mentre rosso è rosso. Perché non dici rosso, allora?
– Perché rosso non è la parola esatta. La peste era scarlatta. In meno di un’ora la faccia e il corpo diventavano scarlatti. Mi puoi credere. L’ho visto parecchie volte. E se ti dico ch’era scarlatta, è perché…ecco, era proprio scarlatta. Non c’è altra parola.
Sessanta anni dopo una terribile pestilenza, che nel 2013 ha precipitato il genere umano in un’era di nuova barbarie e decimato la popolazione planetaria, un vecchio ed un ragazzo si aggirano nelle terre desolate della California, ora popolate da animali selvaggi in lotta per la sopravvivenza. Pochissimi si sono salvati dalla terribile mattanza: James Howard Smith, il nonno protagonista del racconto, Edwin, il nipote dodicenne, ed alcuni giovani riuniti intorno a un fuoco dopo la caccia quotidiana. Il vecchio resta l’unico testimone diretto della tragica epidemia, raccontata in una lingua elegante che al momento non esiste più e come monito perché l’umanità non abbia più a precipitare nel baratro di crudeltà ed arretratezza conseguenti al morbo incontrollabile. Depositario di una cultura trasmessa oralmente, il vecchio resta l’unico malandato trait d’union tra la civiltà presente e la cultura trascorsa, reso ancor più tragicamente dal tentativo di salvare alcuni libri, nascosti in una non ben precisata caverna.
Visionario, ossessivo, decisamente profetico. Ne “La peste scarlatta” Jack London anticipa paure e misfatti poi verificatisi, raccontando in forma atipica le angosce (e talora gli scenari) delle popolazioni a venire.
©, 2017