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Risale a circa una trentina d’anni fa la mia lettura delle avventure/disavventure del Sergente Studer, il personaggio pre-Simenon-Maigretcreato dal dimenticato – e forse nemmeno troppo considerato a suo tempo – scrittore svizzero Friedrich Glauser.
Premetto questo fatto, per ammettere che, non avendo tempo di tornare su quelle pagine, mi affido al ricordo e a impressioni sbiadite, ma a tratti nette e forti come scogli nella nebbia.
Sono ricordi che vanno in controtendenza con quanto riportato da Wikipedia. Nella enciclopedia libera aleggia – nei riguardi di Glauser – la considerazione di una scrittura drammatica. Canonica nel senso letterale. A me pareva una scrittura comica, dove il sergente Studer conduceva indagini fallimentari, e il lato comico emergeva dalla maldestra condotta delle stesse, anche se alla fine portavano ad acciuffare il criminale, anche se in maniera fortunosa e accidentale. Forse mi sbaglio, la memoria mi tradisce.
Vena comica, e drammatica, del resto, sono le due facce della stessa medaglia, e Noi possiamo capire quanto un Glauser potesse essere preso in questa doppia/fronte (Giano Bifronte) in quanto persona ai margini di una Società Civile che lo ha etichettato come “malato di mente” e morfinomane, un tipo da manicomio. Un piede dentro, un piede fuori, dall’Inferno, ti dà quella insolita, trascendente capacità di ridere della Morte.
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