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Comunicare con la musica attraverso un nuovo organo: il senso apticocinestesico
Vi siete mai chiesti come apprende la musica un “privo della vista”? O, per usare la terminologia moderna, un “non vedente”?
Sui rapporti tra la cecità e la musica occorre fare chiarezza per screditare alcuni luoghi comuni che la storia ci ha tramandato, a partire dal primo non vedente “famoso”, il cantore Omero che, con somma memoria, canta le gesta dei più famosi eroi greci.
La cultura popolare, per via di una storia e di una letteratura tra il ”possibile e il fantastico”, affida al cieco una maggior predisposizione e una maggior facilità nella relazione con la musica, (sia nel canto che nello strumento) e con la dimensione magica: pensiamo alle predizioni del “cieco vate” Tiresia, colui che prediceva il futuro.
Se è vero che nel passato il canto e la musica (a memoria) rappresentavano l’unico ambito di riconoscimento e sopravvivenza ” sociale” dei ciechi (ricordiamo che nell’antica Sparta chi nasceva storpio e malformato veniva buttato dalla rupe Tarpea) è pur altrettanto vero che nella storia vi sono stati molti musicisti non vedenti famosi: da Francesco Landino , esponente di spicco dell’Ars Nova italiana, denominato “il cieco degli organi”, al grande Bach (diventato cieco negli ultimi tormentati anni della sua lunga vita), al grande compositore di musica sacra dell’ottocento europeo Raffaele Mercadante, sino ai cantanti americani moderni Ray Charles o Stevie Wonder; ma non per questo bisogna cadere nel luogo comune che, se si nasce privi della vista, è automatico diventare musicisti per forza.
La verità di fondo è che il “non vedente”, per una sua logistica esigenza di vita, sfrutta meglio e molto più a lungo l’udito di chi “non vedente” non lo è.
Alcuni definiscono l’orecchio come l’organo sostitutivo della vista, quindi, assolutamente prioritario e determinante.
I miei alunni non vedenti si descrivono immersi in un vulcano sensoriale continuo, fonte di sensazioni, istruzioni e segnali di ogni genere.
Attraverso l’udito i ciechi analizzano dimensioni spaziali: distanze, altezze, profondità, ampiezze, velocità. Attraverso l’udito discriminano enormi percezioni sonore qualitative, di riconoscimento di persone e di cose… con l’udito ci si innamora.
L’orecchio è un organo “privilegiato”, perché la natura gli ha affidato sia il compito di essere il primo organo sensoriale che nasce nel feto, e l’ultimo che muore, sia quello di determinare l’equilibrio, che ci accompagna per tutta la vita.
Ma non basta.
Louis Braille
Louis Braille, figlio di un sellaio della Francia napoleonica, divenuto cieco, constatò di persona, dopo estenuanti fatiche, la difficoltà nell’apprendimento della scrittura dei vedenti; così, nel 1826, ideò l’alfabeto per ciechi che tutt’oggi porta il suo nome, che cambierà le sorti di tutti i ciechi del mondo.
Il sistema alfabetico braille è un geniale codice in rilievo che permette ai non vedenti di poter finalmente leggere un qualsiasi testo in qualsiasi lingua. Con esso si possono rappresentare le lettere dell’alfabeto, la punteggiatura, i numeri, i simboli matematici e quelli musicali (gli ultimi due sistemi sono molto complicati).
Ciascun simbolo è riconoscibile tattilmente da parte dei ciechi che leggono utilizzando i polpastrelli delle dita, e anche visivamente da noi vedenti, in base al numero e alla dislocazione geometrica dei punti che lo formano. Per scrivere in braille i non vedenti oggi utilizzano il computer dotato di una barra che mette in rilievo i punti.
I caratteri Braille sono basati su una cella formata da sei punti disposti in due colonne e tre righe.
Con i 6 punti si possono ottenere 64 combinazioni diverse che, però, non sono sufficienti a rappresentare tutti i caratteri e i simboli (grafemi).
Per ovviare a questo problema si usano dei gruppi di caratteri Braille per rappresentare i simboli grafici che non corrispondono ad un singolo carattere Braille.
I punti 153 corrispondono, per esempio, alla lettera “o”, ma anche al simbolo di chiusa radice oltre che alla nota re che vale due quarti.
Pensiamo ai musicisti e ai compositori non vedenti nati dopo Louis Braille (degnamente sepolto al Panthèon di Parigi)! Che rivoluzione poter finalmente scrivere o leggere un testo musicale, facendo riposare la memoria uditiva! Imparare il Braille musicale non è però così semplice.
La notazione musicale Braille è di tipo alfabetico, perciò tutti i simboli, sia quelli principali (note , accordi e pause) sia quelli complementari (che nella nostra scrittura sono posti o prima o dopo o sotto o sopra rispetto ai principali) nella riga Braille si succedono orizzontalmente in base a regole precise.
Nella notazione musicale comune, vi sono molti segni. Il Braille utilizza i 64 simboli a cui vengono attribuiti significati diversi a seconda della situazione in cui compaiono.
Vi sono i simboli base che comprendono le note da suonare, ma esse non sono mai isolate, perché la nota si presenta sempre con le sue peculiari caratteristiche di altezza, di intensità, con particolari diteggiature; dipende da quale strumento è suonata, se è staccata o legata.
Se dovessimo rappresentare lo spartito in Braille le cose si complicano un pochino: dobbiamo prima di tutto scrivere il simbolo della mano destra (3 segni braille), poi la chiave di violino (tre segni braille), poi gli accidenti in chiave (diesis o bemolli), poi l’indicazione di tempo (due quarti o tre quarti) poi l’indicazione del metronomo (da lento 60 a velocissimo 200), poi i segni di espressione posti sopra le note (di legato, staccato), poi le dinamiche (forte , piano) poi i segni eventuali di rallentando e diminuendo (l’agogica) poi l’altezza della nota (dalla prima alla settima ottava come sono quelle del pianoforte, lo strumento che comprende tutte le note dell’orchestra) poi le diteggiature o eventuali tipi di accordi (di seconda o di terza…), infine arrivano le note (la nota do che vale un quarto ha un segno braille diverso dalla nota do che vale due quarti).
Il tutto si ripete anche per la mano sinistra;
pensate quanto spazio occorre per scrivere in orizzontale tutto quello che noi vediamo in una pagina…
Complicato vero? Ma non impossibile.
Anche se l’orecchio rimane lo strumento principe dell’apprendimento musicale, e della verifica finale, la conoscenza e l’utilizzo della notazione musicale Braille ha il grande vantaggio di poter essere consultata autonomamente. Il non vedente può leggere sia spartiti di musica classica contemporanea, che altrimenti richiederebbero un notevole sforzo di memoria uditiva (un orecchio attento e molto preciso), sia spartiti di altri generi musicali; inoltre, ha il vantaggio di far riposare l’orecchio bombardato;
la notazione musicale Braille, infine, è veramente un’innovazione democratica: è accessibile a tutti.
La biblioteca Italiana per ciechi “Regina Margherita” di Monza trascrive i testi musicali, e ha redatto un manuale per la notazione musicale Braille realizzato dai componenti del comitato di Notazione Braille dell’Unione Mondiale dei Ciechi; è l’unica biblioteca in Italia che offre questo silenzioso e splendido servizio alla comunità dei non vedenti di tutta Europa, da più di 60 anni; è anche una delle pochissime in Europa a trascrivere gli spartiti musicali in Braille grazie al paziente lavoro di soli 7 trascrittori in tutta Italia. Molti Professori di Conservatorio e musicisti amatori non vedenti utilizzano i testi trascritti dalla Biblioteca.
Ho avuto personalmente la fortuna di conoscere gli esperti del polo musicale della biblioteca di Monza, dai quali ho appreso le difficili tecniche per l’elaborazione degli spartiti, sia con la dattilo braille, che con il complicato programma informatico Italbra, (già superato da altri software più veloci e potenti).
Ringrazio la Biblioteca di Monza, che mi ha dato l’onore di lavorare per un anno alla stesura del manuale di solfeggio musicale “Bona”, a fianco dei primi 7 trascrittori europei.
Oggi è nato Braille Music Editor, un programma che permette ai non vedenti di navigare in internet, e di leggere testi musicali che, tradotti in Braille, sarebbero troppo voluminosi e costosi.
L’informatica ha fatto progressi da gigante in questo campo, esistono programmi di composizione musicale che possono essere utilizzati anche dai non vedenti, e ipovedenti gravi.
Oggi i ragazzi con gravi deficit della vista hanno a disposizione una vasta gamma di repertorio musicale da leggere, antico e moderno. Possono anche divertirsi a suonare un brano con una tastiera, e leggerlo poi sul computer, possono comporre la musica con un computer, e avere l’immediata esecuzione sonora, con il programma “tocco finale”, messo a punto dalla moderna tecnologia della biblioteca di Monza. Per informazione potete consultare il sito www.bibciechi.it/spartiti.htm.
Le tecnologie informatiche e i potenti software a disposizione, hanno permesso ai non vedenti di apprendere molto più velocemente di una volta, di ampliare i propri orizzonti formativi e culturali, superando i percorsi obbligati delle scuole professionali – che li formavano a diventare centralinisti, o musicisti improvvisatori dalla memoria prodigiosa. Vi è ancora molto lavoro da fare come, per esempio, contenere i costi delle trascrizioni musicali, e formare del personale specializzato che trascriva molti degli spartiti classici del repertorio tradizionale ancora mancanti.
Mi auguro che in futuro possano nascere altri poli musicali per i non vedenti, come quello all’avanguardia di Monza: il solo che deve servire l’utenza di tutti i non vedenti d’Europa che amano la musica classica e non; come mi auguro che l’informatica possa aiutare tutti i non vedenti a scrivere comporre e leggere la musica, con sempre maggior facilità.
2018
Beatrice Berlinzani
diplomata in pianoforte
Docente di sostegno – Referente Braille – presso il Liceo Benini di Melegnano
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