Théophile Gautier La morta innamorata
Grande novella fantastica dell’epoca romantica, dove Gautier sembra anticipare tematiche che sarebbero divenute di dominio comune con la psicoanalisi grazie a Sigmund Freud, ma già con Robert Louis Stevenson
affrontate in “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”, dove si affrontava la freudiana dicotomia tra conscio e inconscio. Dicotomia che, nell’antichità, era tra regno della luce e regno delle tenebre, e poi, in epoca moderna, fra ragione e follia. Come in certe novelle gotiche di ottocentesca memoria (di Vernon Lee o di Henry James) era qui un essere umano di sesso femminile la vera causa di tale conflitto, avendo un demone donna attentato alla fede e alla purezza di un giovane prete: la cortigiana Clarimonda. Il tema del conflitto fra Bene e Male (Io e Inconscio) è però trattato facendo confluire nel racconto un’altra tematica importante per il romanticismo: il vampirismo, di derivazione germanica, che Gauteir avrebbe mediato da E.T.A. Hoffmann, trovando poi in Charles Baudelaire un suo grande lettore ed estimatore.
Clarimonda è l’essere debole che dipende da colui al quale succhia la vita. Psicologia e religiosità si intrecciano. Ma la scienza psicologica era solo agli albori quando Gauteir (1836) scrisse questa novella. Frutto di un animo turbato, la novella di Théophile Gautier sa darci respiro e tensione, trance veloce e rapimento come in un eccesso orgiastico di lettere e paragrafi. Non pensiamo possa essere il frutto di una lucida decisione, di una decisione presa a freddo, ma piuttosto l’esito di una ispirazione notturna, o di un terribile incubo.
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