Chiedo il Vostro aiuto, in quanto Google ormai censura i siti come questo, preferendo dirottare il traffico verso "realtà" più remunerative e "allineate", per cui lancio questo appello a sostegno della libera informazione e della cultura non allineata: CONDIVIDETE IL PIU' POSSIBILE, grazie di cuore.
La società della performance (performance società cultura) è definita in molti modi nel libro di Maura Gancitano e Andrea Colamedici.
E’ connotata sostanzialmente come una dimensione in cui predominano l’irrazionalità, la manipolazione, la visibilità sul web e l’apparenza, a discapito di forma e contenuti.
Iniziamo dalla presa di coscienza del contesto
“la formazione culturale standard non esiste più e la comunicazione immediata dei social network non fa che accelerare il processo: non c’è più distanza tra chi ha studiato e chi non l’ha fatto, ciascuno ha un proprio profilo e può interagire con chiunque. Che tu abbia tre lauree o la licenza elementare non conta, ciò che è davvero importante è la visione che hai della realtà, e ciò può trasparire – almeno in parte – anche dal modo in cui scegli di condividere la tua vita sui social network.”
Primo step: viviamo in un mondo in cui siamo tutti, consapevolmente o meno, produttori e fruitori.
Siamo trasformati irrimediabilmente da soggetti a progetti, da lavoratori a consumatori.
Abbiamo un’immagine pubblica costruita per obbligo (se vogliamo dire di poter esistere…).
Siamo legati, nella nostra reputazione, alla riuscita, o meno, di un solo atto, di una sola performer.
mercato
Un mercato dove si commercializza qualsiasi cosa, anche la propria dignità e la propria reputazione.
Dove pubblico e attori sono un tutt’uno.
Dove non esiste più la barriera che separa pubblico e attori, “dove esistono solo performer.”
Ogni atto può accrescere o diminuire la propria visibilità.
E il proprio essere percepiti dagli altri.
Ognuno diventa brand di se stesso, un marchio, un’attività.
Essere visti significa esistere.
Identità reale e virtuale coincidono.
Se non condividi i tuoi progetti, o i tuoi progetti muoiono, o muori anche tu.
Secondo step
La spinta alla condivisione e al consumo cresce in maniera esponenziale.
E’ in crescita anche il numero delle performances. Siamo passati dal Grande Fratello al Servizio Clienti. E’ il singolo soggetto a nascondere quello che non va, quello che non aiuta a far prosperare il brand. Ogni atto negativo comporta l’espulsione, l’essere bannati, messi a latere della società (della performance).
Terzo elemento: pensare che sia la tecnologia a far crescere la società della performance è un grave errore, perché questo modo di condividere spazio e tempo all’interno della società esiste al di là del mezzo: “la performance è il senso della pratica totale di una formazione economico-sociale, del suo impiego del tempo, è il momento storico che ci contiene”, al quale ci siamo adattati, al quale non siamo più refrattari, al quale non guardiamo più con sospetto.
Esistiamo solo esibendo la nostra produttività, un singolo contenuto postato una sola volta, e poi infinitamente condiviso, diventa la base della nuova economia, secondo la legge del minimo sforzo, massimo risultato, monetizzato, replicato, imitato.
Infantilismo e narcisismo, perdita della dimensione trascendente e della memoria storica, frustrazione e incapacità di gestire le difficoltà, solitudine e chiusura in se stessi, educazione al consumo sfrenato, dispercezione del mondo esterno come campo dove soddisfare il proprio benessere: “la società della performance potenzia l’individuo e gli costruisce intorno una corazza, sotto la quale, però, il bambino è rimasto bambino”.
L’analisi è attenta e impietosa, lucida e approfondita, sicuramente un’occasione per porsi parecchie domande e chiedersi: forse anch’io contribuisco a questo girotondo insensato?
Affidarsi a se stessi e alla propria ragion critica, per dare inizio a un percorso auto-formativo può farci uscire dal tunnel: guidati dai 10 passi, e dalle icone del bue, possiamo tornare a interrogarci nella giusta maniera, fare e farci le opportune domande, sporcarci le mani nella vita reale e in quella virtuale, buttarci in mezzo agli altri e riscoprire la meraviglia della dimensione sociale.
Attraverso la cultura (intesa come “condivisione di conoscenza ed esperienze, potrà tornare a essere uno stimolante e non un tranquillante, una necessità dell’essere umano e non un diversivo. Non sarà più una distrazione da ciò che siamo, ma un modo per conoscersi.”) potremo riappropriarci del nostro futuro, che sarà di chi avrà voglia di interrogarsi, mettere in dubbio, dare spazio alla conoscenza dell’altro per arrivare a conoscere se stesso, e viceversa.
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