Al momento stai visualizzando Lo stesso buio in cui erano finite le nostre esistenze

Lo stesso buio in cui erano finite le nostre esistenze

Lo stesso buio in cui erano finite le nostre esistenze
Era quasi il tramonto. Il sole scendeva velocemente oltre la linea dei tetti, sui quali galleggiava ancora un esangue chiarore pronto a spegnersi del tutto. Era lo stesso crepuscolo cui stavamo andando incontro noi tutti, nel mondo e in Italia? La notte imminente era portatrice di angosce senza nome. Sui finestrini del tram in movimento, le gocce di pioggia, una pioggia fine che veniva scagliata in tutte le direzioni da forti raffiche di vento, esplodevano in iridescenze colorate in quell’alone di luce morta. Il mezzo era vuoto. In altre epoche, precedenti il covid, sarebbe stato pieno di gente, e di un brusio diffuso di voci e telefonini, pianti di bambino e sospiri di gente anziana. La morte aveva conquistato anche i suoni di questa città, dove le sirene squarciavano il silenzio dovuto alla totale assenza del traffico. Vetture della Protezione Civile pattugliavano lente, con il megafono a tutto volume che ripeteva di restare a casa e di indossare le mascherine, procedevano come lenti pesci di fondale, rasenti le file di auto in sosta, i lampeggiatori saettavano a 360 gradi e si scontravano coi vetri dei finestrini del tram, dirompendo in milioni di schegge di angoscia.
Il nemico si era risvegliato, con una potenza che nessuno si poteva immaginare sino a tre giorni prima. L’Italia ce la stava facendo, le imprese avevano ripreso a fatturare, la vita stava tornando alla normalità dopo l’ultima funesta primavera, ma qualcosa era andato storto. Qualcosa non era stato calcolato per tempo, forse nemmeno immaginato. Restava difficile credere che i politici non avessero potuto prevedere la seconda ondata. C’erano anche nell’aria i segni di una rabbia crescente.
Angelo, difatti, non capiva cosa stesse maneggiando il ragazzo seduto davanti a lui. Aveva le mani infilate nello zaino, e qualcosa gli diceva che l’oggetto tenuto nascosto fosse una bomba molotov. Armeggiava in maniera furtiva, forse aveva capito che Angelo non era né un poliziotto né un pubblico ufficiale, e se ne fregava. Scese di corsa a una fermata rispondendo al cellulare. La notte se lo portò via, oltre la cortina di iridescenze del finestrino, in un lago di buio, lo stesso buio in cui erano finite le nostre esistenze.
Scese pure Angelo, che guardò l’ora. Mancavano circa 200 minuti al lockdown serale.
Una moltitudine di ragazzini sostava ai tavolini di un bar. Erano ammassati, con le schiene ricurve, le facce assenti, espressioni ebeti che riprendevano vita solo nell’atto di portare il bicchiere o la bottiglia alle labbra. Generazione Social, Generazione Aperitivo e Instagram e Temptation Island. Fra dieci anni saranno loro il popolo produttivo, e fra dieci anni, forse anche prima, l’Italia sarà un paese completamente morto. Come costruiranno ponti e ospedali, come rianimeranno le persone, come insegneranno nelle scuole, come amministreranno le aziende? A colpi di selfies e spritz? Quasi gli avesse letto nei pensieri, un uomo, che Angelo vide avanzare deciso verso i tavolini, un uomo sulla settantina, curvo e distinto, si fermò e li fissò. Poi, preso fiato, gridò: «Andate a casa a studiare, cretini!!» Alcuni dei presenti si guardarono in faccia, interdetti, poi si alzarono, pigramente, e, afferrati bicchieri e bottiglie, li scagliarono in direzione di quest’uomo. Una bottiglia lo colpì alla spalla, ci mancò poco che non gli finisse in faccia. Preoccupato, angosciato, forse dagli stessi pensieri che aveva Angelo, e impaurito, umiliato, riprese la sua strada, schivando gli ultimi lanci che andavano a rovinare sul marciapiedi con schianti di vetri rotti. Tra il 2020 e il 2024 l’Italia avrà bisogno di sostituire oltre 2 milioni di lavoratori. Angelo, e sicuramente anche questo povero vecchio, si chiedevano dove li andrà a prendere: su Instagram? Al bar?
Intanto Angelo si era portato un chilometro oltre, davanti all’Arco della Pace. Si era messo a sedere in un bar dai tavolini esterni. Pensava, corroborato da certe letture prese dal web, che nel giro di 10 anni dell’Italia non sarebbe rimasto più nulla.
Tirava aria fredda e pioveva, ma sotto il grande ombrellone non cadeva una goccia. Al Palazzo della Regione tirava un’aria anche più fosca, si pensava a un nuovo lockdown totale. Intanto, a dieci metri da lui, due tizi si stavano prendendo a pugni. Non si capiva se fingessero o stessero facendo sul serio. Volò un tavolino, mentre altra gente faceva capannello intorno e li filmava.
Cosa diranno gli storici del futuro, di un paese che, negli ultimi vent’anni, è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale, in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di euforica terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale, di completo caos politico e istituzionale? Così Roberto Orsi, italiano emigrato a Londra per lavorare presso la London School of Economics, prevedeva nel 2015 il prossimo futuro del Belpaese. Erano passati già 5 anni da quell’articolo, perciò ne rimanevano 5 perché la profezia si realizzasse. Il covid stava accelerando i tempi del disastro. Forse mancavano solo un anno, o pochi mesi, alla fine.
Uno dei due contendenti, colpito in faccia, crollò a terra. L’altro, su di lui, gli sferrò un calcio nel fianco. Finita di filmare la scena, il capannello di dissolse al sopraggiungere delle sirene. I poliziotti trovarono un ragazzo riverso a terra, lo aiutarono a sollevarsi. Parlarono qualche minuto con lui. Poi andò via anche la Polizia. Angelo vide coi propri occhi tutta la scena. Aveva vissuto quella scena come una cosa del tutto normale. In passato sarebbe intervenuto. Ora, non gliene fregava più un cazzo. Facessero loro, erano cazzi loro. Doverci rimettere la salute, per due che se le davano magari per futili motivi, intrisi di coca o altro? No grazie.
Stava succedendo una cosa incalcolabile nella Società. Il grado di tolleranza stava riducendosi a zero. La reazione di quel vecchio era comprensibile, di fronte all’ottusità e all’ignavia di quella massa giovanile si sentiva impotente e tradito. Vedeva nelle mani di questi imbecilli la fine di tutto quanto per cui aveva vissuto a faticato. I due che si prendevano a pugni, il ragazzino con la molotov, erano i diversi ma simili tasselli di uno scenario in putrefazione. Il covid faceva da cappello, forse aveva esasperato gli istinti, dato la stura all’imbecillità. C’era solo da tirar dritto, pensare a se stessi, sopravvivere al peggio.
©, 2020
questa pagina contiene alcuni collegamenti esterni il cui contenuto informazioneecultura.it ha verificato solo al momento del loro inserimento; informazioneecultura.it non garantisce in alcun modo sulla qualità di tali collegamenti, qualora il loro contenuto fosse modificato in seguito.

Lascia un commento