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The closure of the restaurants and bars on Navigli area for the start of the curfew, from 11 pm to 5 am, decreed by the president of the Lombardy region Attilio Fontana, to face the second wave of the Coronavirus epidemic, Milan 22 October 2020. ANSA / MATTEO BAZZI
Non c’erano più orari per un Rider. L’applicazione ti segnalava un ordine via l’altro. Non c’era caldo o freddo pioggia o grandine che potessero fermare questo afflusso di richieste sulla app di un povero Rider. Se ritardavi a rispondere, il tuo Rank scendeva e il giorno dopo faticavi ad acquisire anche una sola consegna. Quella sera pioveva, e pioveva forte. Aveva consegnato la cena a una famiglia di latinos, che gli aveva lasciato due euro di mancia. Poi, era dovuto andare al Bosco Verticale, e – mentre pedalava – era certo che lì di mance non ne avrebbe avute. Difatti, non ne aveva avute. In questo periodo tragico, era più facile che tra poveri ci si intendesse, e ci si desse un minimo una mano a vicenda. Ai piani alti della società, invece, regnava l’indifferenza. Ancora più che in passato.
Tiziano era un rider di 26 anni, italiano, che si era ritrovato a dover fare quel mestiere per bisogno. Dopo aver dato dieci esami alla Facoltà di Lettere, aveva dovuto interrompere gli studi, e dare una mano alla madre rimasta vedova, e al fratello ancora minorenne. Una storia come tante, purtroppo. Di sogni infranti e vite bruciate. Ma Tiziano non voleva che la sua vita finisse così. Voleva ancora coltivare i propri sogni, nutrire qualche speranza sul proprio futuro, e l’età, ancora di 4 anni sotto ai 30, gli faceva sperare di non essere ancora troppo vecchio per potercela fare.
Mentre pedalava, continuava a pensare, a progettare. C’era il bisogno di guadagnare per vivere, ma anche quello di arrivare a contare qualcosa nella società con un lavoro qualificato. Tiziano non era fra quei giovani che credevano solo ai soldi, non riteneva che il rispetto degli altri ti derivasse dai soldi. Anche da quelli, ma la cosa più importante era la cultura. Se sapevi parlare, sapevi anche argomentare, potevi difenderti, far valere le tue idee e i tuoi diritti. Senza cultura, non si va da nessuna parte, e, alla fine, rischi di perdere anche i soldi che ti sei guadagnato. Perché possono sempre raggirarti in ogni maniera.
Le strade, senza macchine e senza gente, erano diventate ampie, più ampie del solito. Sotto le luci fredde dei lampioni, il nastro d’asfalto ti assaliva, ti veniva addosso nella sua capacità di farti sentire totalmente solo. Da dove veniva quel sentimento? Ogni rider sapeva di essere circondato da molta gente, anche se non la si poteva vedere. Tutti erano chiusi in casa, tagliati fuori dai contatti fisici per colpa del covid, un microscopico mostro che aveva mutato il destino del Mondo. Da dove veniva un simile sentimento, se non dalla paura? Paura di dover fare quella vita per sempre, paura di rimanere intrappolati in quel meccanismo? La pioggia gli cadeva sulla visiera del cappuccio impermeabile, le orecchie erano al caldo grazie al cappello in microfibra altamente termico. Molti suoi colleghi, soprattutto africani, correvano su biciclette rotte, senza le luci, in giacconi di lana che si inzuppavano di pioggia, con un cappellaccio in testa e senza guanti. Per questo Tiziano si sentiva un privilegiato. Le sue mani, una parte molto fragile ed esposta, stringevano il manubrio coperte da guanti termici impermeabili, e i piedi calzavano stivaletti a tenuta stagna. La sua tenuta di lavoro era completamente nera, se si considera la giaccavento e la tuta impermeabile, e questo di notte poteva essere pericoloso, tanto che Tiziano aveva deciso di indossare un giubbotto catarifrangente arancione. Questo lo faceva sentire un po’ più sicuro negli spostamenti, ma c’erano molti pazzi al volante, la cocaina stava dando alla testa a molti, e la cosa che più gli faceva paura erano quei maledetti monopattini, che ti schizzavano da tutte le parti, senza rispettare minimamente il codice della strada. Aveva ancora una sola consegna, da ritirare in una pizzeria in Zona Padova, dove era andato già parecchie volte. Il proprietario era un tizio sulla cinquantina, napoletano, sempre sorridente nonostante la crisi. Non lo aveva mai sentito lamentarsi di quello che stava succedendo. Lo ammirava, anche se non aveva mai avuto l’occasione di dirglielo. Ormai mandava avanti la pizzeria da solo, col fatto dell’asporto e del delivery bastava lui solo in negozio, lo vedevi sempre davanti al forno a impastare e a infornare. Con gesti veloci, sapienti, ma improntati alla più assoluta calma, o solennità, governava da capitano di lungo corso la sua nave, forse continuando a nutrire la dovuta fiducia nella vita e nel futuro, altrimenti, ci sarebbe stata anche la tentazione, visti i tempi, di farla finita, come molti stavano purtroppo facendo. C’era chi si ammazzava, ma c’era anche chi ammazzava altri, come la moglie e la ragazza, preso da disperazione e totale ottenebramento della coscienza. Il covid forse non c’entrava completamente, la radice dell’essere umano stava mostrandosi malvagia, il covid gli aveva solo permesso di manifestarsi meglio, gli aveva dato la scusa.
Il tramonto era sceso da un pezzo. Ma oltre la linea dei tetti galleggiava ancora un esangue chiarore pronto a spegnersi del tutto. Era lo stesso crepuscolo cui stavamo andando incontro Noi tutti, nel mondo e in Italia? La notte imminente era portatrice di angosce senza nome. Ma forse quel chiarore sui tetti non era la luce esangue del sole morente. Superato il tunnel della ferrovia, pedalando verso Piazzale Loreto, vide dei bagliori allargarsi sulle strade e nell’aria, impossessarsi delle facciate degli edifici, esplodere e scomparire. Erano le detonazioni di razzi e bombe carta, di cui già avvertiva i sordi rimbombi. Su una sorta di onda sonora fatta di urla e boati, fischi e stridori assordanti, le sirene della polizia si udivano distintamente.
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