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La Rust Belt è una zona degli Stati Uniti che è sinonimo di declino economico, spopolamento e decadimento urbano, un decadimento depressivo di cui il regista Clint Eastwood ha analizzato e preconizzato gli effetti sociali nel suo film Gran Torino del 2008, scenario di un proletariato disperato e agonizzante. Essa si estende dagli Appalachi settentrionali ai Grandi Laghi, comprendendo grandi città come Chicago, Buffalo, Detroit, Milwaukee, Cincinnati, Toledo, Cleveland, Akron, Youngstown, St. Louis, Cedar Rapids e Pittsburgh. Nell’area, già nota nel XX Secolo come Cintura della Produzione, le economie locali si sono specializzate nell’industria pesante, e nel trasporto e nella lavorazione di materie grezze necessarie a quest’ultima. L’area ha preso anche il nome, nel XX Secolo, di Manufacturing Belt, o Cintura delle Fabbriche (Factory Belt), o anche cintura dell’acciaio (Steel Belt). Gli effetti della crisi sono stati tali da guadagnargli negli ultimi anni l’appellativo di Rust Belt, ovvero, Cintura della Ruggine, con le sue città che si sono via via spopolate, le grandi fabbriche che sono andate in rovina, soffrendo così il territorio di uno stato di degrado e di abbandono.
Per la casa editrice Einaudi è uscito anche in Italia OHIO romanzo di Stephen Markley sugli effetti della deurbanizzazione nella Rust Belt statunitense, che ha per tema la vita del proletariato americano in quella zona geografica.
Ohio è la prima prova narrativa assai ambiziosa di Stephen Markley, un giovane scrittore statunitense emerso dalle scuole di scrittura creativa nello Stato dello Iowa. In Italia, il libro è uscito grazie a Einaudi che, nello stesso periodo del primo lockdown, ha supportato con una grossa campagna pubblicitaria.
Alcune recensioni lo hanno accostato a Jonathan Franzen, altro Autore statunitense in grado di dare vita a complesse trame di critica sociale, anche se le differenze tra i due sono grosse, in quanto Franzen critica la crisi di valori soprattutto del ceto sociale medio borghese. Nel caso di Franzen, siamo di fronte a una scrittura della dissoluzione, una scrittura ripiegata su se stessanel descrivere una borghesia alle prese con le proprienevrosi, un ceto di persone che il più delle volte hanno potuto studiare, dotate di una cultura elevata e di ottime retribuzioni, non certo appartenenti al ceto povero e depauperato restato nella Rust Belt come scarto di una Nazione che ha perso gran parte del proprio potere produttivo, e ha abbandonato il proletariato al suo destino. Siamo come di fronte a due tragedie diverse ma speculari, quella del ceto medio, isolato nella propria cultura del non detto e della nevrosi, di una classe agiata che ha disimparato a comunicare ed è rimasta intrappolata nell’interconnessione tecnologica e colta come in una rete che tarpa qualsiasi atto di volontà, di spontaneità, di sincerità, a favore di uno stile incentrato sull’incomprensione, ma tuttavia volto al mantenimento delle proprie prerogative sociali. E quella di una classe operaia che, privata della propria possibilità di sussistenza, sbanda nell’alcoolismo e nelle devianze, nel razzismo e nella disperazione di chi non ha più niente, né cose materiali, né identità.
Una storia, quella di Markley, che si dipana all’interno di vicende personali segnate da ferite non rimarginabili. Ferite di guerra, o ferite morali e psichiche come quelle lasciate da abusi e maltrattamenti. Non siamo di fronte a un romanzo borghese, ma a storie che avrebbe potuto raccontare Zola, storie di vita in cui l’ambiente determina e condiziona l’individuo, e qui si tratta di un ambiente povero, misero, depresso, che mina qualsiasi aspetto di successo o di riuscita personali, innescando processi dissolutivi in seno alla materialità, e non alla coscienza.
Alcuni salutano questo libro come il più bello mai scritto in America negli ultimi anni. Un nuovo romanzo – OHIO romanzo di Stephen Markley sugli effetti della deurbanizzazione nella Rust Belt statunitense – è stato pubblicato a testimoniare la crisi di questi anni.
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