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Rileggiamo Joan Didion guru femminile del New Journalism
All’età di cinque anni ricopiava i racconti di Hemingway. A ventinove pubblicava il suo primo romanzo, Run River. Un talento precoce, che avrebbe preso dai suoi maestri, Hemingway in primis, quella perfezione tagliente della scrittura, a metà tra narrativa e giornalismo, diventando, insieme a Tom Wolfe – il creatore del termine radical chic e dell’omonimo romanzo – uno dei geni indiscussi di una nuova forma di giornalismo: il New Journalism.
Ci ha lasciati il 23 dicembre scorso all’età di 87 anni. Resta di lei il ricordo di una giornalista, autrice, osservatrice della politica e della cultura americana contemporanea,che ha lottato a lungo col morbo di Parkinson, e che col suo stile di scrittura anticonvenzionale (tipico degli Anni ‘60 e ‘70), in cui saggistica reportage e invenzione si mescolano in un costrutto affascinante, ha per lungo tempo sfiorato il Nobel, vincendo nel 2005 il National Book Award per la saggistica per il suo capolavoro L’anno del pensiero magico.
Era nata a Sacramento, in California, il 5 dicembre 1934, e aveva sempre viaggiato da una città all’altra, senza mai sentirsi di appartenere a un luogo. Da bambina leggeva le biografie di personaggi celebri, e questo fu il tema centrale della sua scrittura.
Un incarico a Vogue all’età di ventun anni, lavori come copywriter, una brillante carriera avviata in concomitanza con la stesura di Run River, e l’approdo in California, la sua patria elettiva, insieme al marito John Gregory Dunne, scrittore giornalista e sceneggiatore.
Il 1968 è l’anno della pubblicazione di Verso Betlemme (Il Saggiatore, 2008), un saggio che getta uno sguardo disincantato sulla dissoluzione della controcultura californiana degli Anni ’60.
Gli Anni’ 70 sono quelli destinati ad altri approfondimenti, il 1979 è l’anno di The White Album, una raccolta di articoli pubblicati in precedenza su Life, Esquire, The Saturday Evening Post, The New York Times e The New York Review of Books, cui seguono romanzi incentrati sul tema della politica e della società, della Guerra Fredda e della Guerra del Vietnam.
La morte del marito, e la malattia della figlia adottiva, la inducono a scrivere, in 88 giorni, L’anno del pensiero magico, il lutto la accompagnerà nella lunga promozione del libro, fatta di un tour di presentazioni e letture pubbliche, tra il 2004 e il 2005 “Ci siamo evoluti in una società in cui il lutto è totalmente nascosto. Non si svolge nella nostra famiglia. Non si svolge affatto”, disse all’Associated Press nel 2005.
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