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Rocchi il Prefetto che salvò gli ebrei libro Mursia

Rocchi il Prefetto che salvò gli ebrei libro Mursia
“Il prefetto Rocchi e il salvataggio degli ebrei” (Mursia, 2022).
Questo libro avrebbe forse attratto l’interesse di Giampaolo Pansa (Il sangue dei vinti), nella sua requisitoria a posteriori dei sanguinosi fatti accaduti in Italia con la Liberazione. Il saggista e storico Stefano Fabei, in un saggio molto ben documentato, riesce a portare alla luce un aspetto meno conosciuto del prefetto Armando Rocchi, un notorio fascista di dure convinzioni, che, inflessibile con partigiani e renitenti alla Leva, avrebbe – da prefetto di Perugia – salvato una trentina di ebrei, impedendone il rastrellamento. Alcuni di loro, testimoniarono poi in suo favore durante il processo che, dopo la Liberazione, lo vide condannato per crimini di guerra.
Tra il 1943 e il 1944 il prefetto fascista Rocchi, di Perugia, non ascoltò le pretese dei tedeschi, e decise di salvare dal loro orribile destino trenta ebrei, italiani e stranieri, internandoli, d’accordo con il questore Baldassarre Scaminaci, prima a Villa Ajò e all’Istituto magistrale, poi al Castello Guglielmi dell’Isola Maggiore sul lago Trasimeno, affidandoli al controllo del seniore della Milizia Luigi Lana, e dei giovani ausiliari ai suoi ordini. Così facendo, gettò le basi per la loro liberazione, esprimendosi con queste parole: «Io invio tutti gli ebrei a Villa Guglielmi per il loro bene, so quello che faccio… il tempo vi farà capire che ho ragione di fare così… io non verrò mai a trovarvi, ma veglierò su di voi tutti.» Si tratta di un saggio sorprendente, sull’occultamento e la liberazione degli internati.
Dall’introduzione Franco Cardini: “Stefano Fabei appartiene alla piuttosto ristretta cerchia di studiosi che, grazie al loro credito e alla loro comprovata probità scientifica, ha saputo guadagnarsi sul campo quel rispetto e quella considerazione che in linea di principio dovrebbero venire riconosciuti a tutti coloro che dimostrano di possedere gli strumenti della ricerca storica. E con la qualità, la quantità e la mole dei suoi lavori ha dimostrato – senz’ombra di vis polemica e senza volontà provocatoria di sorta – di saper portare avanti con coraggio quelli che il Poeta ha definito «invidiosi veri». È questo il caso, ancora una volta, della vicenda di Armando Rocchi, che Fabei racconta con la consueta accurata attenzione alle fonti: un pubblico funzionario, un soldato, un uomo consapevolmente schierato sul piano politico e non esente da responsabilità anche gravi, che tuttavia ha saputo dimostrare almeno in un episodio della sua esistenza che cosa sia, non già la «banalità del male» e nemmeno la «banalità del bene» (il bene non è mai banale), bensì la possibilità di un coraggio più ammirevole perché, in certe situazioni, esso è un dovere dell’uomo probo: costi quel che costi, e sovente il costo in questo genere di cose è salato.” 
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