Silvia Metzeltin etica montagna e Alpi Giulie
Silvia Metzeltin, da sempre compagna di cordata del marito Gino Buscaini, geologa e alpinista di fama internazionale, attenta ai temi ambientali ed etici, ci offre una lettura della montagna quale bene individuale e collettivo, quale fragile ecosistema da dover proteggere, da intrusioni politiche ed economiche, da interventi che ne addomestichino la natura in nome di una montagna per tutti che stanno azzerando il vero e sincero rapporto – soprattutto delle nuove generazioni – col mondo dell’alta quota a causa di speculazioni che si nascondono spesso dietro la voce Unesco o Sociale.
In una intervista apparsa su www.alpinafriulana.it vengono poste alcune domande a Silvia Metzeltin, sul fare alpinismo oggi, sull’ambiente, sull’etica:
D: Anche l’alpinismo è diventato bene Unesco. Che cosa significa alpinismo oggi? (https://www.alpinafriulana.it/
R: L’alpinismo come bene individuale non è definibile e non ha senso catalogarlo Unesco. Quello sociale e collettivo implica di solito altri moventi, anche commerciali e politici, e il timbro Unesco funziona solo da marketing per una attività che rimane comunque importante per la società.
Le Alpi Giulie, austere e riservate, sono un vecchio ricordo che Silvia Metzeltin conserva nel cuore, che custodisce gelosamente:
D: Che cosa rappresentano per lei le Alpi Giulie?
R: Sono una patria del sentimento. Nell’arco alpino sono uniche, impressionano per le atmosfere. Un ambiente che non ho più trovato da alcuna altra parte per l’atmosfera particolare dell’alta montagna un po’ malinconica, per il tipo di geologia, per la maestosità severa e raccolta, che ti accoglie. Che poi io le abbia vissute in maniera romantica, leggendo Kugy, non è che un dettaglio. Come per tutte le cose che ci sono care, ne siamo gelosi, abbiamo paura che ce le portino via.
Ora sono diventate Riserva di Biosfera, assieme alle Alpi Giulie slovene. Non vorrei che diventassero come le Dolomiti Unesco: un marchio da sfruttare. Le montagne si salvano anche senza dichiarazioni e riconoscimenti. Si progettano strade rotabili al posto dei sentieri, seggiovie dove ora scorrazzano marmotte e stambecchi. Sono notizie di questi giorni.
Julius Kugy, a volte italianizzato Giulio Kugy, (Gorizia, 19 luglio 1858 – Trieste, 5 febbraio 1944) è stato un alpinista austriaco con cittadinanza austro-ungarica. La madre Giulia Vessel era triestina di lingua slovena (figlia del poeta Jovan Vesel Koseski) mentre il padre Pavel era carinziano ma si era trasferito a Trieste dove aveva fondato con un socio una ditta di importazione di merci coloniali chiamata Pfeifer & Kugy. In gioventù si appassionò alle montagne grazie ai numerosi soggiorni presso il villaggio natale del padre, Lind, vicino ad Arnoldstein. Frequentò il Ginnasio a Trieste e proseguì gli studi universitari a Vienna dove si laureò in giurisprudenza nel 1882. Alla morte del padre si dedicò alla gestione dell’azienda familiare senza però trascurare l’alpinismo. Anche se ebbe modo di esplorare gran parte delle Alpi dedicò la sua intera carriera alpinistica a scalare le vette delle Alpi Giulie, aprendo non meno di 50 nuove vie assieme a guide locali, note furono la scalata al Jôf di Montasio e quella alla Škrlatica. Oltre all’alpinismo Kugy coltivava molti altri interessi fra cui la scrittura, la musica e la botanica. Assieme all’amico Albert Bois de Chesne organizzò un giardino botanico alpino, e durante le sue escursioni si dedica anche a rilievi botanici, cercando in particolare una pianta, la Scabiosa trenta, che si rivelerà poi inesistente. In ambito musicale, con altri appassionati di musica fonda la Società dei filarmonici, un’orchestra di musicisti non professionisti e il Coro Palestriniano; agli inizi del XX secolo donò alla chiesa cattolico-armena dei Mechitaristi di Trieste un organo che suonerà spesso alla domenica durante le celebrazioni. Nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale si arruolò volontario nell’esercito austro-ungarico benché avesse 57 anni. Durante il conflitto, grazie alla sua vasta conoscenza del fronte dell’Isonzo svolgerà il ruolo di ufficiale Alpenreferent (consulente alpino), creando una scuola di roccia e fornendo preziosi consigli ai comandi dell’esercito. Al termine del conflitto, ormai in età avanzata, smise di scalare e si dedicò completamente alla scrittura, pubblicando libri e scrivendo su riviste specializzate, nel 1932 scrive la propria biografia intitolata Arbeit, Musik, Berge – Ein Leben (La mia vita nel lavoro, per la musica, sui monti); morì a Trieste, il 5 febbraio 1944. A Julius Kugy, che parlava correntemente tedesco e italiano e, pur non padroneggiandone la lingua (com’egli stesso scrive nel libro Aus dem Leben eines Bergsteigers), era molto vicino al popolo e alla cultura slovena sono dedicate monumenti e vie in Austria, Italia e Slovenia, ed è considerato il padre dell’alpinismo moderno nelle Alpi Giulie (Wikipedia).
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