L’unità globale di oggi e la cancellazione del passato
Cercherò di riassumere il capitolo Il non più e il non ancora di Aldo Bonomi contenuto in Il trionfo della moltitudine (Bollati Boringhieri, 1996).
Le pagine di Bonomi, 27 anni fa profetizzavano la situazione presente, e chi le avesse lette allora, forse non poteva capire appieno ciò che oggi, solo oggi è divenuto chiaro e lampante, drammaticamente chiaro e lampante.
C’è un passaggio angosciante, che riporto fedelmente qui di seguito: E’ l’eterno presente che toglie profondità all’esistenza, affastellandone gli avvenimenti in una qualità sempre in procinto di diventare storia senza mai riuscirci, privandoci di un autentico passato.
E’ un concetto drammatico, anzi, tragico. L’unità globale di cui parla Bonomi, unità dell’intero Sistema mondo, è tale da azzerare le polarità del secolo precedente, la logica delle vecchie ideologie, i partiti, gli amici e i nemici, sino ad azzerare il processo storico, cancellando il passato in chiave orwelliana.
Secolarizzazione, egologia, déjà vu sono i tratti distintivi di questa contemporaneità che ha come tratto essenziale l’indiscutibile tendenza dell’epoca all’unità globale.
Ci troviamo all’apice di un processo di secolarizzazione che ha disgregato le differenze, siano esse politiche, che di genere, che religiose. Tutto ormai tende all’unitarietà, all’unità globale, appunto. I depositari del potere intellettuale mal tollerano le voci dissonanti. Esse vengono ridotte al silenzio e cancellate. Unità Globale potrebbe essere sinonimo di a-storico, dove locale, sinonimo di tradizione. Gli ideologi del globale, dell’unità globale, vorrebbero cancellare il locale e lo storico, le radici e il passato. E ci stanno riuscendo. Lo vediamo prima di tutto nelle Università, dove il livello dell’insegnamento è decaduto a quello di un semplice liceo. Del resto,
sembra ormai inutile proseguire verso un altrove, forse nemmeno dato. Il pensiero postmoderno ci seduce dicendoci che ormai tutto è stato pensato: esaurito il flusso della storia, altro non rimane al soggetto che utilizzare al meglio il suo essere immerso nell’immanenza.
Nel mondo globale, dove tutte le differenze sono state cancellate e la nostra identità storica pure, alcuni individui non rassegnati al presente corrono il rischio di rivangare continuamente il passato, un passato che non esiste più, perché non è stato capace di plasmare il presente. Così, in quel passato essi vanno rievocando le ideologie, il sentire comune di un popolo o di una massa, cui è stata sostituita in maniera globale e totalizzante l’egologia come forma del vivere l’opportunità del presente.
Ma in questo cammino, le persone provano paura, angoscia, avendo chiaro che l’inoltrarsi verso il non conosciuto (il loro) non può che essere un cammino che (fanno) da soli, senza l’involucro protettivo dell’altro da sé che fa società.
La società globale è fatta di una moltitudine solitaria.
Non è più un agire plurale, collettivo per la distribuzione di ciò che era scarso e unico, ma un agire singolare per ottenere ciò che si presenta come plurimo e molteplice. I soggetti che si ponevano come medium della singolarità, i soggetti collettivi – partiti, sindacati, associazioni – vedono declinare la loro funzione. Al collante dell’ideologia si sostituisce l’”egologia” come forma del vivere l’opportunità del presente. Gli interessi declinavano tempi e modi della scarsità; il sentire individuale, le emozionalità diventano motore di una ricerca continua di senso in un percorso sociale ove si è al lavoro comunicando – contrattando – scambiando in una competizione continua.
(…) il passato non concorre più a forgiare caratteri, a sedimentare coesione e riconoscimento entro comuni riferimenti, a formare il presente storico di una nazione, di un popolo. Se non, appunto, nella forma del déjà vu, cioè una forma puramente mentale del passato.