Concupiscenza libraria l’amore per i libri e il passar di fiore in fiore
A volte i libri ci chiamano. Ciò che è scritto nelle loro pagine hanno spesso a che fare con la nostra persona, la nostra interiorità, la nostra situazione. Mi capitò di avere alcune sensazioni difficili da descrivere, e andai sicuro allo scaffale della mia libreria a prendere La Nausea di Sartre, dove trovai descritte dallo scrittore francese proprio quelle sensazioni. Sempre molti anni fa, riflettevo su un possibile personaggio di un mio racconto, uno psicologo esistenziale; la psicologia esistenziale non esiste come disciplina, e quando pensavo a questo mio possibile personaggio ne cercavo di definire l’orizzonte teorico, per pura invenzione letteraria. Pochi giorni dopo, su una bancarella, acquistai un libro di Norman Mailer, scrittore per me allora ancora del tutto sconosciuto, dal titolo Un sogno americano. Iniziai a leggerlo, ed ebbi un trasalimento: il protagonista del romanzo era uno psicologo esistenziale.
Sono passati vent’anni e più da questi fatti. Nel frattempo ne ho vissuti altri, di simili, che non ricordo nei particolari. Di recente stavo leggendo Tentativo di Corruzione, un giallo all’italiana di Paolo Levi: un’inchiesta giudiziaria a bordo di una nave da crociera. Questa ed altre letture da me compiute appartengono a quella che Giorgio Manganelli ha definito Concupiscenza Libraria. La Concupiscenza Libraria è uno stato mentale di fervore ed entusiasmo per una gran quantità di libri, dai saggi ai romanzi, che induce chi ne è colpito a passare da un libro all’altro con estrema velocità, lasciandone in lettura contemporaneamente anche una quindicina, una condizione che genera stati di vera felicità che attraversano la coscienza come lampi improvvisi. E’ la sensazione di essere piombati in un paradiso letterario, abitato dalla più totale generosità di generi e personaggi e vicende, un mondo inesauribile di avventure in poltrona, che ci permettono di fare il giro del mondo, no, che dico, dell’Universo. Leggevo quindi Tentativo di Corruzione, con la gioia del passeggero di un treno in viaggio per una meta lontana e sconosciuta. Iniziare un libro, è sempre come mettersi in viaggio. Ci saranno a tenerci compagnia i suoi personaggi, il protagonista, le ambientazioni, i colpi di scena e gli stati d’animo. Così feci conoscenza con l’Ispettore Renzo Caluso, e con tutti i personaggi di contorno di quella storia briosa e piacevole. Una perfetta lettura estiva. Era il 1994, durante un viaggio in treno, quando iniziai e interruppi subito la lettura di questo romanzo poliziesco all’altezza di Verona. Certamente ero ancora molto giovane, e non potevo cogliere le maestrie e i virtuosismi di uno scrittore che non aveva la spettacolarità di Hemingway, mio beniamino d’allora, o la poesia e la sensualità trasgressiva di Giovannni Comisso, di cui avevo da poco terminato di leggere l’Opera Omnia. Allora mi aspettavo altro dai libri, forse anche quelle che si chiamano emozioni forti. Giunto alla mia età odierna, calmati i bollori giovanili, sono più disposto alla riflessione, posso godermi pagine come queste, dove non ci sono eroismi e grandi scenari esistenziali, ma persone comuni alle prese con meschine aspirazioni e velleità borghesi. La pratica di scrittura con cui Paolo Levi analizza la dimensione etica dell’esistenza, oggi mi è più affine e mi allontana da quell’eroismo ed erotismo estetico di Hemingway e Comisso, che andava certamente meglio a vent’anni. Con quell’esuberanza di storie e di esperienze, la mia stessa esuberanza andava danzando nella ricerca del tutto, come avrebbe detto Baron Corvo, iniziava allora il mio cammino, ma non la vera Concupiscenza Libraria, questo è un sintomo, così per dire, recente, dell’età matura, una sorta di avidità del crepuscolo incipiente, che ti viene quando ti accorgi che davanti hai meno da vivere di quanto tu abbia già vissuto. Ti rimane meno tempo, ne sei drammaticamente consapevole, e forse per questo ti gusti la vita, ogni singolo momento, con maggiore intensità, ti accorgi che il cono gelato che hai iniziato a leccare a vent’anni, è quasi finito. Ti rimane la parte più buona, che però è l’ultima, dopo la quale non sai cosa t’aspetti.
Credo di non essermelo fatto squagliare in mano quel cono, credo di non avere grossi rimpianti, per fortuna. Bene, bene così… ringrazio la vita per quello che ha saputo darmi fino ad ora.
SIPARIO FINE PRIMO ATTO
ATTO SECONDO
Sto confessando di soffrire di Concupiscenza Libraria, di tradire Stendhal con Gobineau, per poi avere una attrazione improvvisa per Douglas Adams, e infine deragliare su Gerald Durrell, saltare fra i decenni e i generi è come fare l’autostop nelle grandi pianure, trovare macchine di tutti i tipi su cui fare cinquanta chilometri e tipi strani con cui parlare, sempre unici e diversi, misteriosi e impenetrabili, perché ho capito che un libro è sempre qualcosa di assolutamente misterioso.
Ma sto scrivendo questo pezzo a tratti assurdo, nel tentativo di dire quanto i libri a volte ci chiamino, perché stavo appunto leggendo Paolo Levi, e saltai alla Novella degli Scacchi, di Stefan Zweig, in una vecchia edizione del 1947 della Sperling&Kupfer stampata in Viale Astesani a Milano, una edizione comprata nella notte dei tempi e mai letta, e che la mia Concupiscenza Libraria mi ha chiamato a leggere solo ora, per scoprire che si tratta della storia di un’altra crociera. Due libri, letti nel giro di pochi giorni, uno dietro l’altro, che hanno per tema lo stesso viaggio per mare.
Non è che una coincidenza, in tutta evidenza, ma perché, fra le moltitudini di libri che posseggo, la mia mano è andata proprio su questi due libri?
La scelta del secondo, di Zweig, è stata anche motivo di quella che reputo una scoperta, ma forse mi sbaglio.
SIPARIO FINE SECONDO ATTO
ATTO TERZO
In questi ultimi mesi ho amato molto Paolo Maurensig. Sempre per quella mia esuberanza giovanile, la sua Variante di Luneburg fu da me scartata all’età di ventotto o ventinove anni, quando ero ancora troppo imbevuto di Hemingway e del relativo hemingwaysmo. E così mi persi un vero capolavoro, di uno scrittore che, pure presente fra i miei scaffali, mi restò ignoto sino a pochi mesi fa. Ma meglio così, lo avessi letto a suo tempo, non lo avrei apprezzato. Adesso sono invece in piena Concupiscenza Libraria, così, per pura curiosità, o fame di libri e di novità, vado spesso a pescare libri che hanno preso polvere per vent’anni e passa nelle mie librerie. Uno fra questi è La variante di Luneburg.
Cosa ha in comune con La novella degli scacchi?
Siamo nella profonda mitteleuropa, durante l’ascesa del nazismo. In entrambi i libri, il protagonista ha a che fare coi nazisti e con gli scacchi. In entrambi i casi, saranno gli scacchi a salvarlo da una fine atroce. In entrambi i casi, ci troviamo di fronte a un testo favoloso e fiabesco, secondo il gusto slavo.
Libri quasi sovrapponibili, scritti a cinquant’anni di distanza, forse l’uno ispirazione dell’altro. Entrambi mi hanno dato l’intensa gioia di alcune ore di Concupiscenza Libraria, sempre regolarmente sprofondato nella mia poltrona, sotto lo sguardo attento della mia cagnolina Pepe. Recuperati dall’oblio in cui erano finiti da più di vent’anni, quando fui colto per due volte da un accesso di Concupiscenza Libraria, prima a gennaio, poi a luglio. Ma adesso devo finire Tentativo di Corruzione, perché poi mi aspetta sicuramente un’altra lettura.
Io vorrei che ogni giorno mi cadessero dal cielo a grandi fasci i libri che raccontano la giovinezza delle immagini… Lassù, in cielo, non è forse il paradiso una immensa biblioteca? Ci consigliano di non leggere troppo velocemente e di guardarsi dall’inghiottire pezzi troppo grossi… Tutti questi precetti sono belli e buoni. Ma un principio li comanda. E’ necessario dapprima un buon desiderio di mangiare, di bere e di leggere. Bisogna desiderare di leggere molto, leggere ancora, leggere sempre. – Fin dal mattino, davanti ai libri accumulati sul mio tavolo, faccio la mia preghiera al dio della lettura: “Dacci oggi la nostra fame quotidiana…” (Gaston Bachelard – La poétique de la rêverie – Puf, Paris 1960).
Uno dei temi che affiora spesso in Bachelard, e che del resto si percepisce nello stesso stile del testo, è quello della solitudine della lettura. La lettura condotta da Bachelard è una lettura silenziosa e solitaria. Qualcosa di simile a una lettura ad alta voce, la voce effettivamente risonante nella stanza delle nostre letture – ecco qualcosa che turberebbe la nostra immersione nelle immagini. Proprio perché la parola risonante è una parola che si rivolge a qualcuno, e in generale avendo di mira l’esercizio di una qualche funzione della realtà. In certo senso, la parola enunciata a voce alta appartiene alla realtà dello spazio circostante, è un evento fisico esteriore: mentre di questa esteriorità non ha certo bisogno la parola poetica, che può essere intimamente rivissuta in un silenzio che rappresenta, in certo senso, una “sospensione” dello spazio e del tempo della realtà (Giovanni Piana – La notte dei lampi – Il lavoro del poeta, Saggio su Gaston Bachelard – Guerini e Associati, 1988).
Vi è una tale differenza fra il libro stampato e il libro letto, fra il libro letto e il libro compreso, assimilato, ricordato! (Gaston Bachelard – La ragione scientifica – Bertani, 1974).