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La Deriva della Comunicazione Tra Solitudine e Profitto

La Deriva della Comunicazione Tra Solitudine e Profitto
Vorrei instillare il dubbio sull’onestà della comunicazione di massa. Sui principali giornali e canali televisivi, perché realtà informative troppo compromesse dal profitto. Il giornalista è un mestiere faticoso e pericoloso; ma dovrei dire: “era”. Quale giornalista oggi si consuma ancora le suole delle scarpe – vecchio motto giornalistico espresso da chi ormai non c’è più (è di questi giorni la notizia della scomparsa di Ettore Mo, uno che le suole delle scarpe se le è sempre consumate per andare a scovare le notizie) – per andare a scovare la verità? Oggi, il lavoro si fa seduti, al pc, in redazione, sfogliando le agenzie, e poi strombazzando la notizia con commenti e critiche che si differenziano in base al grado di cinismo, ipocrisia e orientamento politico di ciascuna testata. A comandare il giornalista – soprattutto delle star televisive – non è certo più il sacro fuoco dell’ (antico e scomparso) mestiere, ma del successo, del consenso narcisistico, dei soldi. Della visibilità. A proposito: non c’è più un solo giornalista, che alla fine del programma non faccia un patetico siparietto promozionale – sponsorizzato dall’emittente ospitante – sul proprio ultimo, mediocre, illeggibile romanzetto noir.
Dove sta andando la cultura? Nel cesso, potremmo dire. Stiamo parlando di informazione, e non di cultura, questo è vero. Ma stiamo anche e assolutamente parlando di cultura. La Nostra cultura, quell’orientamento di fronte alla vita, all’etica, al sapere, alla solidarietà, all’impegno civico, alla salute, che inevitabilmente devono confluire nel mestiere di chi ci informa, degli stessi artisti e intellettuali, un bagaglio di valori ormai incenerito dal profitto, dal conformismo del gregge, dei soldi, del potere. Guardate come parlano i giornalisti televisivi, si atteggiano più da attori e da star dello spettacolo, che da informatori, sembra sempre che si guardino allo specchio e godano della loro performance oratoria, godano più del come dire che del dire, della forma più che del contenuto, dell’effetto spettacolarizzante della propria persona investita di auto compiacimento, che non del contenuto della pura, nuda notizia. Il mestiere di giornalista, il vecchio mestiere, era pervaso da umiltà, il giornalista scompariva dietro la notizia, spesso non se ne conosceva nemmeno la faccia, egli era un tramite tra il fatto e il lettore o ascoltatore, la sua missione si esauriva nella notizia e non nel sovrappiù di egotismo che poteva e può oggi dare la fama televisiva. Oggi ci sembra sempre di ascoltare l’ego del giornalista, non l’effetto onesto e pulito del suo mestiere: mediocri e insicuri personaggi di basso cabotaggio intellettuale che hanno bisogno di continue conferme per vivere, per sopravvivere a se stessi. Questa è la tipica mediocrità di regime che è sempre stata il segno distintivo delle dittature. Oggi siamo in piena dittatura.
Il Potere imbandisce a Nostro danno una comunicazione valida come strategia della tensione, con continui allarmi, cronache lugubri, emergenze, omicidi, guerre, scandali… Perché il popolo non si svincola, spegnendo la tv e smettendo di ascoltare i media propagandistici?
La cultura spaventa le dittature, dove un miliardario a Davos dice quello che dobbiamo fare, e così viviamo vite ipotecate da finanze alte, dal progressismo chic, da una Unione Europea corrotta e da entità sovranazionali opache. Non sono più i governi a comandare, ma i soldi, la finanza, Davos e i lobbisti di Bruxelles dettano le direttive, dirigendo la cultura, distruggendola, avvelenandola, rendendola inoffensiva. Gli intellettuali, una volta guardiani del pensiero critico, sono ora integrati e appagati, campano allegri mangiando una fetta della torta offerta dai loro corruttori.
La comunicazione odierna è avvolta da pubblicità sdolcinate, fiction impomatate, notizie annacquate, palinsesti drogati, controllo pervasivo, demagoghi professionisti, ambigui e plurinanellati opinionisti a libro paga, conduttrici che invitano il marito in trasmissione, interconnessione come surrogato di socialità, mediocrità e solitudine. Una televisione che propina pubblicità ogni 15 minuti e trasmissioni spesso scadenti, un’editoria incapace di sfornare qualcosa di decente, un Premio Strega divenuto un evento da oratorio.
Una cultura ridotta al lumicino, e programmi pseudo culturali che offrono solo chiacchiere su chiacchiere, che servono a piazzare l’amico o l’amante di turno, a promuovere le idee trite di un sistema moribondo.
Genio, eccellenza e merito sono diventati cose inutili, sostituite dall’elogio della mediocrità. Ce lo confermano anche le pubblicità:
Genio? No, ha solo dormito meglio… anche la pubblicità sottolinea che il genio, l’eccellenza, il merito, sono diventati superflui, rinunciabili… dall’altra parte, ci sono gli Einstein della spesa intelligente… ma che si chiamano Gigi…
Riflettiamo un momento sulle parole di Marguerite Duras (L’Amante, Feltrinelli, 1985), che descrive la folla sulla via come un’immagine della prosperità contemporanea, camminando insieme senza felicità, tristezza o curiosità, soli nella folla, un mondo che si muove senza intenzione, senza direzione, come se camminasse solo per non andare da nessuna parte.

Sul marciapiede la calca si muove in tutte le direzioni, lenta o svelta, si fa largo, rognosa come certi cani randagi, cieca come certi mendicanti, una folla (…) che riconosco anche nelle immagini della prosperità di adesso da come tutti camminano insieme senza impazienza, da come sono soli anche nella ressa, apparentemente senza felicità, senza tristezza, senza curiosità, come se camminassero per non andare da nessuna parte, senza intenzione, scegliendo ora l’una ora l’altra direzione solo perché si trovano lì, soli e nella folla, mai soli da soli, sempre soli nella folla.

E ci accorgiamo dell’inerzia in cui vive la folla, la massa. Ad essa si rivolgono i media propagandistici. 
Il Potere – incarnato nel Governo, nei giornalisti e in chiunque abbia la capacità di manipolare l’informazione – usa le notizie per alimentare paure, indignazione, odio. E per farlo, sfrutta l’ignoranza, gli istinti più bassi del popolo, al fine di far passare inosservata l’emanazione di leggi liberticide, prelievi forzosi sulle pensioni e aumenti delle tasse, in maniera tale per cui nessuno sia portato a protestare, anzi, giustificando l’aumento dei prezzi, che sono ingiustificabili, spingendo a compiere acquisti insensati.
Questo stesso Potere mediatico, alimenta nel popolo l’abitudine a giudicare il prossimo attraverso pessimi programmi di cronaca nera, veri e propri pretesti per raccolte pubblicitarie milionarie in prima serata a fronte di costi di produzione quasi inesistenti.
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