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E’ cambiata la chiave d’accesso

E’ cambiata la chiave d’accesso

Mi rivolgo alla gente nata 50 o 60 anni fa, a chi come me è vissuto gran parte della sua vita nel ‘900, o che del Secolo Breve abbia assorbito valori culturali e politici che oggi sembrano essere diventati antiquati, o non più leggibili. Mi rivolgo a questa categoria di persone per condividere un pensiero, una illuminazione, credo importante per superare il senso di isolamento che la cultura digitale inevitabilmente produce nelle menti ancora analogiche.

Anche se può sembrare difficile, faticoso, impossibile, bisogna fare uno scatto in avanti, o, come nelle arti marziali, cambiare posizione, rimettersi dunque in equilibrio di fronte a un avversario in movimento. Rimanere statici, fermi, immobili nelle proprie posizioni (orgoglio, rigidità mentale, chiusura in concetti antiquati come Tradizione e Identità, atteggiamenti sovranisti e razzisti, ecc…) significa inevitabilmente soccombere. E’ vero, la cultura digitale, con la sua relativa economia, è un nemico. Il più potente, forte, subdolo (in quanto apparentemente Nostro alleato) nemico di chi vive secondo valori “tradizionali”. Valori che, lasciatemi dire, sembrano oggi antiquati. E lo sono, in un’ottica di “battaglia”. In un’ottica che richiede “dinamismo” e “mimetismo”.

Non si tratta di rinunciare ai propri valori, ma di adattarli al nuovo contesto. In tal senso, bisogna recuperare il vecchio concetto, di un nichilismo attivo, risalente al pensiero di Julius Evola, ovvero, quello di “Cavalcare la Tigre”, salire sulla schiena della tigre, in modo da poterla dominare e non esserne sbranati.

Cavalcare la Tigre illustra come la via della sapienza orientale, cioè quella intellettuale, interiore, personale, partendo da una decisa opposizione a tutto ciò che è residuale civiltà e cultura borghese, cerchi un senso all’esistenza di là del punto-zero dei valori, del nichilismo, del mondo dove “Dio è morto”. Il detto orientale “cavalcare la tigre” vale per il non farsi travolgere e annientare da quanto non si può controllare direttamente, mentre è possibile così evitarne gli aspetti negativi e forse anche ipotizzare una possibilità di indirizzo: esso quindi comporta l’assumere anche i processi più estremi e spesso irreversibili in corso per farli agire nel senso di una liberazione, anziché – come per la grande maggioranza dei nostri contemporanei – in quello di una distruzione spirituale. Cavalcare la tigre può dunque venire considerato, come scrive Stefano Zecchi nel suo saggio introduttivo, quasi uno speciale “manuale di sopravvivenza” per tutti coloro i quali, considerandosi in qualche modo ancora spiritualmente collegati al mondo della Tradizione, sono costretti però a vivere nel mondo moderno. Un libro complesso, fra i più importanti del suo Autore, che durante gli anni della “contestazione” venne contrapposto alle opere di Herbert Marcuse. Un libro spesso anche oggetto di equivoci e fraintendimenti di due generi opposti: da un lato accusato di aver indotto molti a chiudersi in una torre d’avorio; dall’altro, viceversa, di aver spinto altri ad una lotta concreta e violenta.

Un libro quanto mai attuale, oggi di massima importanza, per non cadere nella tentazione dell’irrazionalità, della violenza, o – peggio ancora – della rassegnazione e dell’immobilismo. Tutto concorre, oggigiorno, nello spingerci verso “reazioni” immediate, impulsive, poco pensate, dettate da esasperazione, frustrazione, odio, intolleranza. Dall’altra parte della barricata, oltre le linee delle trincee, c’è il Nemico Invisibile della cultura dominante, Woke, Politicamente Corretta e Liberal, che opera secondo una violenza molto ben mascherata, fatta di correttezza e buone maniere, inclusione del diverso e difesa dei diritti civili, ma che la psicoanalisi ha ben codificato come comportamento aggressivo mascherato, o sintomo di una cosiddetta Formazione Reattiva.

La Formazione Reattiva si riscontra in molte sintomatologie nevrotiche, con l’assunzione di comportamenti e atteggiamenti coscienti, in netta opposizione al contenuto psichico rimosso. Ad esempio, un forte desiderio sessuale inconsciamente represso può trasformarsi nell’assunzione, a livello cosciente, di un atteggiamento di moralismo intransigente.

E’ dunque palese quanto, nella cultura Politicamente Corretta, l’assunzione univoca, oltranzista e massificata, di atteggiamenti paritari e inclusivi verso, ad esempio, immigrati e omosessuali, nasconda invece un contenuto psichico del tutto opposto, moralmente non accettato dall’Io, di rifiuto e intolleranza verso immigrati e omosessuali (in altre parole, essi difendono a spada tratta ciò che inconsciamente odiano). Da qui, l’aggressività e la “violenza” (mi si conceda questo termine) con cui gli attivisti e gli esponenti di questa cultura impongono al mondo i loro valori, con l’aggressività che può derivare solo dall’energia dispiegata da un forte conflitto di tipo nevrotico.

La cosa, in sé, non sarebbe grave, e finirebbe lì, se non avesse conseguenze macro sociali, economiche e politiche, come invece sta avendo, essendosi infiltrata nei gangli dell’informazione mainstream, dell’editoria di massa, dell’economia. Difatti, tutto questo fenomeno Woke altro non è che un riflesso dell’economia virtuale e dell’iperconnessione, soprattutto a opera di individui che oggi hanno dai 30 ai 40, massimo 45 anni, benestanti, laureati, europeisti, per la massima parte elettori del PD, nomadi digitali e cittadini del mondo senza identità, liquidi (e io aggiungerei privi di personalità – come i libri che leggono e la musica che ascoltano – , ma io ragiono da vecchio boomer analogico Rock e “aggressivo”…).

La cosiddetta classe privilegiata, radical chic, elitaria, quella stessa categoria di persone che l’America di Trump ha voluto in qualche maniera punire alle penultime elezioni americane. E che non trova più alcuna via di dialogo, parlando dell’Italia, con la classe lavoratrice, la base, i cosiddetti zotici e ignoranti di Destra.

Ma, giunto a questo punto del discorso, vorrei solo dire che il problema non è tanto politico, fatto di Destra e Sinistra contrapposte (in quanto abbiamo le prove che non esistono più, e che ci ostiniamo a tenerle in piedi solo per alimentare un dibattito politico inesistente, non esistendo nemmeno più la politica) quanto ontologico e psicologico.

Si tratta solo di ammettere che dopo la metà degli anni 2000 lo stato di coscienza delle persone è cambiato. E’ uno stato di coscienza quantico, espanso nel virtuale, che non ha più come riferimento la Terra, ma il Cosmo. Si tratta di dover cambiare la Chiave d’Accesso per entrare in comunicazione con questi strani, apparentemente inconsistenti millenials, che innervosiscono i tanti boomer rimasti indietro a un linguaggio concreto, frontale, dall’animo Rock, che preferiscono esprimere la loro rabbia nei fatti, e con parole dirette, da cui queste anime delicate (lo dico un po’ ironicamente) sono spaventate.

Per concludere, vorrei dire ai boomer scontenti e impauriti, ai boomer sovranisti e razzisti, che la vera speranza per l’Italia sono proprio quei Maranza di seconda generazione che vanno in giro a bande a spaventare la gente comune. Voi boomer scontenti e sovranisti, siete dei Maranza per i millenials, gli fate paura, non comprendono il vostro linguaggio, vi trovano aggressivi. L’aggressività viene dall’esclusione e dall’incomprensione. Così quei ventenni torvi dalla pelle olivastra, dai capelli rasati con la tutina lacera e il borsello contraffatto, che si aggirano come branchi di lupi, altro non sono che parti esogene di una società che non fa nulla per includerli realmente, quando invece essi sarebbero portatori di energie sane e giovani in un paese di vecchi, e anche di giovani (borghesi) per lo più malaticci, che per approcciare una ragazza devono imbottirsi di Viagra: state certi che ai Maranza il cazzo tira bene, sono sani e pieni di vitalità inespressa, e se fosse per loro, il calo demografico non ci sarebbe.

 

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