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CATATO FISIOGNOMICA DA STRADA

CATATO FISIOGNOMICA DA STRADA

La città è una piaga infetta, pus di dolore e povertà, di rabbia e violenza. La miseria opacizza l’anima dei suoi abitanti, rende piatta e opaca ogni prospettiva.

Con le note antiquate dei Pink Floyd, si possono rivedere le situazioni e i volti in un’altra prospettiva. Come non amo più la metropoli, chiassosa e meccanica e opprimente, i miei lettori sanno anche che non amo più nemmeno il Rock, che ne è l’espressione musicale e meccanica, anglo/capitalistica e predatoria. Comunque stasera ho bisogno di quelle note, di un ritorno. Devo ascoltarle e accettarle pur nel loro inevitabile significato anglo/capitalistico. Sorvolare su questo basilare fatto politico, e concentrarmi solo con orecchie e cuore, lasciando da parte la Mente e le sue pretese razionali (No Mind, come raccomandano i Guerrieri Taoisti).

Così, rivedo quelle facce pietrificate dal dolore, quelle sculture viventi o forme mummificate che solo un viaggio in tram, con 35 gradi e dopo le otto di sera, ti fanno incontrare.

E così, posso cogliere tutta la loro umanità, il grido di disperazione di una città intera, il grido contenuto in Breathe in the Air (The Dark Side of the Moon,1973). Forse anche permettermi una lacrima di gioia e commozione, partecipazione.

Chiudere la giornata stanco e devastato dalla città, con gli occhi lucidi.

Sì, perché la Gioia è un sentimento che ammette in sé la Tristezza. Bisogna Cavalcare la Tigre. Sono molto triste e preoccupato. La sorte di tutti, è la stessa mia sorte, siamo tutti nella merda. Siamo a giovedì. Sabato scorso, ho fatto una spesa da 70 euro, per prendere solo scatolami a basso costo (nemmeno tanti) tre mozzarelle (ultimamente ridotte ulteriormente di peso, ma aumentate di prezzo) un bottiglione di vino scadente, del pane industriale, due tavolette di cioccolato, quattro banane (forse qualcos’altro, non credo molto, niente carne, niente verdura fresca) e ho speso 70 euro per sottoalimentarmi, per rovinarmi la salute e non arrivare nemmeno al sabato successivo: non siamo nella merda, secondo Voi?

I miei colleghi scrittori fuxia arcobaleno e politicamente corretti, che votano Elly Schlein, che appoggiano uno fra i principali nemici del popolo e della democrazia, continuano a scrivere per Einaudi e Mondadori e Bompiani di vecchie stragi fasciste, di partigiani al 25 Aprile, di Bella Ciao, e nessuno scrive di queste stragi silenziose dei nostri giorni; già, gli editori per cui pubblicano, con cui fanno la loro narcisistica autopromozione su Instagram e Youtube & Scuole di Scrittura Creativa, non glielo permetterebbero: è ammesso parlare di stragi vecchie, non di quelle presenti (ricordate Orwell? 1984?, ci siamo dentro!) questa è l’Economia Digitale, è l’Economia Fuxia, il mondo dinamico e delocalizzato e ibridato dei radical chic.

Ma sul tram, dopo le otto di sera, con 35 gradi che fanno fondere asfalto cervello ossa e ogni residuo di lucidità, ci sono solo poveri cristi. Fra cui il sottoscritto. Il sottoscritto, guarda fuori dal finestrino, mentre il tram – con a bordo un residuale rappresentante della borghesia decaduta, un africano delirante e due turisti persi come mosche disorientate in un letamaio – è fermo al semaforo. Alla barra di partenza, una Tesla nera da 60 mila euro, con a bordo un quarantenne paffuto, sbarbato di fresco, chiuso ermeticamente nella sua costosa bara climatizzata, la camicia bianca perfettamente stirata anche dopo una intera giornata di lavoro, aria sorridente – un sorriso però da Gioconda – e calcolatrice mentre parla rilassato al telefono, la cravatta blu da dirigente (se sei un dirigente, sei tenuto a metterla ancora) la sigaretta elettronica tenuta con due dita sotto le labbra, mi fissa un momento, ma nemeno mi vede, i suoi occhi non vedono il mondo circostante, non lo calcolano proprio, ma solo il semaforo, il verde, che lo fa partire di scatto, e tanti saluti, verso altre avventure, altri guadagni. Un tempo correva la parola Yuppie, siamo a Milano, ma tutti si sono scordati questa parola, e quello che – di brutto – significava (altra rimozione, una delle tante rimozioni culturali che stanno avvenendo).

Ma anche questo Yuppie, che corre via verso il Nulla, è come una mosca disorientata nello stesso letamaio di tutti, e la sua infelicità è sicuramente la stessa (solo, con più soldi) dell’africano delirante e del povero borghese decaduto, che mi sta di fronte. Forse, lui soffre meno di sudore, ha questo vantaggio su di noi, ma non molti altri.

Il borghese decaduto, è una figura molto ricorrente nel mio quartiere. Sicuramente è un uomo molto sofferente, ma mai, prima di oggi, lo avevo visto parlare da solo e fare strani gesti con le mani rivolti a fantasmi che solo lui vedeva. Ho sempre pensato che il suo decadimento avesse qualche correlato psichiatrico, e stasera ne ho avuta forse la conferma. E’ peggiorata la sua condizione? Nessuno lo cura? Sappiamo in che condizioni versa la Sanità. La Psichiatria, poi, non ha più personale né medico né infermieristico per fare fronte a una epidemia psicotica in crescita continua dopo il covid, tanto che qualcuno sta accampando l’idea di fare svolgere da remoto i colloqui da dei robot in Intelligenza Artificiale. Sono già diversi i casi di peggioramento clinico di certe figure che ricorrono nei vasti viali dei miei camminamenti quotidiani, figure lasciate a se stesse e destinate a un declino o a una sicura morte traumatica. Questo signore che vedo spesso, sempre solo, coi capelli sporchi da mesi o anni, lunghi e attaccaticci, i vestiti logori e le scarpe sfondate, non ha l’aria del nato povero, ma i tratti di un borghese dall’animo fine e sensibile, potrebbe essere un grande matematico o un fisico caduto in disgrazia. Dietro le spesse lenti da miope, il suo sguardo è di persona buona e colta, ma forse allucinata. E’ così immobile, nella sua posizione aristocratica, con le gambe accavallate, da farmi temere una condizione di catatonia, per cui, mi sposto, in modo da non farmi vedere che lo osservo, temendo una sua qualche pericolosa reazione da risveglio catatonico se si sente in qualche modo osservato o minacciato.

Vado accanto al tranviere, chiuso nella sua cabina di manovra. Attendo di arrivare al capolinea. Prima di scendere, ed essere investito da una ventata di aria surriscaldata, mi informo con lui sugli orari notturni di questa linea. Mi risponde un uomo che mi guarda e forse non mi vede, anche lui una di quelle anime perse e rassegnate, che vedono solo il semaforo verde, i binari, ma non gli umani, da cui non si aspettano più nulla, allarga le braccia, come un poverello dei quadri di Ottone Rosai, ancora una volta, provo quel magone alla gola, quella voglia di piangere, e me ne vado, scendo, attraverso i binari, la strada, e sento delle urla, è fermo ad aspettare un autobus che non arriva un cinquantenne che bestemmia ad alta voce “porcoDdd*** bastarda quando cazzo arrivi!!!” (Arousal alta) sicuramente attende che il bus lo porti nel vicino quartiere dormitorio dove molti altri disoccupati e derelitti condividono la sua sorte in grandi agglomerati popolari, e uno che bestemmia a quel modo, col suo cappellino da baseball, il borsello consumato, la pancia da cattiva alimentazione, la faccia stressata, la disperazione del disoccupato, dell’incompreso, dell’abbandonato, ha tutta la mia comprensione e solidarietà. E così, raggiungo casa, accendo lo stereo, clicco su Youtube i Pink Floyd, chiudo la giornata e mi fumo una sigaretta.

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