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Mosaico conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

NAPOLI

NAPOLI – Agosto 2012:

Napoli accoglie fra vecchi muri tinteggiati e scrostati, una antica, lontana, patina di anime, che sono transitate, qui, che sa di sudore, di sofferenza, di attesa, di qualcosa, qualcosa, che questa città, tiene nascosto, ai più. Forse, sottoterra, forse, dentro il tufo, dentro, le mura, nelle intercapedini, delle persone, sconosciute, anche a sé, medesime. Se qui, il velo di Mâyâ, dovesse cadere, sarebbe una, tragedia. Se la finzione, scenografica, dovesse cedere il posto, alla realtà, esploderebbe, irreparabilmente, tutto. Se l’isteria, si convertisse, in guarigione, sarebbe, l’ecatombe. La malattia, ha da sempre protetto, tramite la rappresentazione, questa città, da se stessa. Finora, il velo di Mâyâ, ha retto. Cammino, fra vicoli, ampi viali imperiali, fra edifici, che sembrano, vuote, case, fatte di, cartone. Presepi, dove fantocci, natalizi, mettono in scena, il dolore. Forme-di-esistenza-mancata. Ma il dolore, è nascosto, sotto le pieghe, di una rappresentazione, isterica, che lo deforma, in allegria, in musica, in finta, solarità. Napoli, è una città apollinea, tanto apollinea, da celare, nella sua più profonda fibra interna, la cieca distruttività di Dioniso. Fra sculture greche, mi aggiro nel museo archeologico, e trovo quell’ermafrodita,

per nulla sereno, per nulla classico, già corrotto, dal Male. Dioniso, qui a Napoli, è un’ombra, appena percepibile, un velo, di condensa, sui muri, un riflesso, che vedi, e subito svanisce, ma, presente, insediato, nelle pieghe profonde, della città, nei sorrisi candidi e acerbi, dei giovani ragazzi dall’aria spensierata.

Grazie all’intervento della Dea Trasformatrice
ho potuto amare tutto ciò.

La grazia e la compostezza di un popolo
spesso frainteso

La tragedia umana
che muta in commedia

Sotto questo cielo vulcanico
presidiato dagli Dei.

E guardo questi cornicioni sbrecciati
questi archi barocchi obesi e sfatti
e questi volti di giovani così acerbi

E mi sento fortunato – finalmente –
che mi si sia dischiuso il cuore – a tutto ciò

Grazie / alla Dea Trasformatrice.

 

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