PARLIAMO UN PO’ DI DIRITTI CIVILI MA PER TUTTI ANCHE PER I MARANZA
Città nera appassita sotto strati di immondizia, caotica quanto uno slum terzomondiale, stracci e jeans logori e scarpe vecchie in piedi stanchi sotto corpi deformi fiacchi zoppi traballanti, li vedi a gruppi, al semaforo fermi come statue coperte dalla cenere dell’eruzione che intorno divampa e scuote l’aria, il pool genetico resiste malgrado le privazioni e le umiliazioni colonialiste, è molto più dotato di quello autoctono, che sta cedendo sotto i colpi della globalizzazione, del lavoro intellettuale pagato a progetto e scontato in fiacchezza e depressione, coglioni privi di sperma e gambe prive di forza, altre fatiche altre privazioni questo black people malridotto sta affrontando da secoli, e ora con la precisa determinazione di conquistarci, di scalzarci, e se lo fa, ha la ragione dalla sua, soprattutto quando l’invaso non ha palle, non ha fierezza, non ha generosità nemmeno nel difendersi, e allora, affanculo, invadici e mescolati e affermati nelle nostre strade e case, e migliora il nostro squallido pool genetico, ingravida le nostre bionde viziate borghesi e rendi sessualmente felici queste povere influencer che scambiano la nerchia coi soldi e la vagina col bancomat, fiappi valori morali di gente fiappa non abituata allo sforzo, putrida nell’anima e smagliante nel corpo, e fa tanti figli sani e orgogliosi e onesti e limpidi nei sentimenti, futuri operai, manovali, uomini di fatica e grandi scopatori, destinati a rinvigorire la natalità e l’economia reale morta sotto vent’anni di lavoretti a progetto intellettuali e fiacchi che hanno ingrassato l’economia finanziaria e le banche, porci profittatori che sventolano la bandiera arcobaleno in nome della sterilità gay e del glamour. Rinnova il pool morale della nostra povera cittadinanza infrollita come una bistecca scaduta. Restituisci alla lingua il suo valore, riporta l’onestà nel linguaggio. Perché tutta l’onestà parte dalla fatica del corpo, dal duro lavoro che tu ben conosci. La fiappezza del corpo, l’impotenza e la pigrizia sono le madri della corruzione, della finanza, della speculazione, di questa economia malata, della noia e della neolingua su cui il Potere basa la sua riforma dell’etica. Tutto parte dal corpo, e da una sana scopata. Una sana sessualità è anche madre di una sana economia e di una sana lingua. Ma qui, in questa megalopoli di vetro acciaio fibra ottica e rider disperati e masse di fiappi e infrolliti autoctoni inebetiti, la neolingua spadroneggia, l’inclusività convive con l’apartheid, la sostenibilità green con l’impoverimento generale, gli immensi quartieri degradati dove i figli degli immigrati crescono privi di ogni prospettiva, con il Bosco Verticale che – come un minareto che domina la città – impone la Legge dell’esclusione e del privilegio. Laddove si parla di diritti per i bianchi borghesi, si sparla e solo di doveri e regole per i maranza che hanno l’unica colpa di percepire molto chiaramente che per loro di diritti non ce ne sono, e mai ce ne saranno. L’unica colpa di possedere ancora un apparato riproduttivo sano, che non trova, mai troverà, via di espressione, una sessualità potente, ribelle, che li rende potenzialmente capaci di fare quello che anche un nostro laureato non è in grado di compiere, di studiare e lavorare se gliene si desse la possibilità, perché sessualità sana è sinonimo di Volontà e intraprendenza, ma che il Sistema dominante vuole schiacciare e reprimere con la logica del censo, una politica conservatrice che si spaccia ancora in nome della neolingua per progressista, che vuole preservare una società debole, corrotta, dalla conquista di un’armata di forti, leali, onesti ragazzi africani. In questa triste megalopoli la gente si divora a vicenda, come una massa di girini in una pozza che va prosciugandosi. Le risorse scarseggiano, l’odio è alle stelle, il principio di una lotta senza precedenti è nell’aria.
Godi quando gli anormali son trattati da criminali
E chiuderesti in un manicomio tutti gli zingari e gli intellettuali
Ami ordine e disciplina, adori la tua Polizia
Tranne quando deve indagare su di un bilancio fallimentare
Sai rubare con discrezione, meschinità e moderazione
Alterando bilanci e conti, fatture e bolle di commissione
Sai mentire con cortesia, con cinismo e vigliaccheria
Hai fatto dell’ipocrisia la tua formula di poesia
Vecchia piccola borghesia per piccina che tu sia
Io non so dire se fai più rabbia, pena, schifo o malinconia
Non sopporti chi fa l’amore più di una volta alla settimana
O chi lo fa per più di due ore o chi lo fa in maniera strana
Di disgrazie puoi averne tante, per esempio una figlia artista
Oppure un figlio non commerciante, o peggio ancora uno comunista, ex
Sempre pronta a spettegolare in nome del civile rispetto
Sempre fissa lì a scrutare un orizzonte che si ferma al tetto
Sempre pronta a pestar le mani a chi arranca dentro a una fossa
E sempre pronta a leccar le ossa al più ricco ed ai suoi cani
Vecchia piccola borghesia, vecchia gente di casa mia
Per piccina che tu sia il vento un giorno, forse, ti spazzerà via.
Claudio Lolli, testo parziale della canzone “Borghesia”, 1972