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Una Legge cosmica che le élites sfruttano su di un piano archetipico

Una Legge cosmica che le élites sfruttano su di un piano archetipico

Caro lettore, cara lettrice,

mi rivolgo a te come se ti avessi di fronte, e so che stai patendo anche tu le mie stesse sofferenze. Sono, dopo il fatidico 2020, diventati momenti inediti e dalle dinamiche mai osservate nelle epoche precedenti, ma sembra che nessuno se ne stia pienamente accorgendo. So invece che tu, come me e pochi altri, ti sei accorto/a di quanto di molto strano, inquietante, stia avvenendo. Ci sono nell’aria, a saperli captare, segnali strani, interferenze inspiegabili. Deformazioni percettive che l’informazione ufficiale vuole attribuire alla malafede dei complottisti, alla loro visione distorta e paranoica. Forse il mainstream poteva, a ragione, parlare ancora di complottismo prima del 2020.

Oggi, se ancora ne parla, e lo indica col dito puntato, non fa altro che sollevare il sospetto che il complottismo sia invece una sana reazione al sistema dominante dell’informazione univoca, sia essa di Sinistra come di Destra e, a volerla dire tutta, di un Sistema che ha all’origine abbattuto ogni differenza, partitica, ideologica, in nome di un concetto liberista e di Mercato, anti partitico e anti ideologico: la riduzione all’indistinto, al livellamento totale di ogni differenza, per cui non vi sarebbe alcuna alternanza nemmeno in politica, e se ci vogliono illudere che vi sia, è solo per mantenere in essere le logiche su cui si fonda il potere dei politici.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con la segretaria del Pd, Elly Schlein a Palazzo Montecitorio il 9 maggio 2023 ANSA/FILIPPO ATTILI

Vivere immersi in questo clima irreale di livellamento, dove tutti portano addosso un tatuaggio per distinguersi, e per finire ancora per essere come tutti, dove un Ministro della cultura viene destituito per comportamenti di caratura ignorantesca, dove la leader del PD, invece di manifestare con gli operai, balla maracaibo sui carri arcobaleno difendendo i diritti e i capricci del ceto dominante, e non i salari dei poveri cristi, fa pensare a qualcosa di raccapricciante, di perturbante, come un orribile sogno lucido dal quale non ci si riesce a svegliare. Tale situazione potrebbe essere il succo di una di quelle vecchie barzellette caustiche e surreali che raccontava Tognazzi, ma il fatto è un altro: è tutta realtà. Un sogno, dicevamo, da cui non ci si riesce a svegliare, ma, aggiungiamo, dal quale i potenti non vogliono che la popolazione si svegli. Sono molto chiari anche, a chi li sappia vedere, infatti, i segni di un deperimento cognitivo della popolazione, della sua mancanza di reazione emotiva, se non in senso violento e autodistruttivo, non certo nel senso di una mobilitazione di massa in nome di una protesta consapevole. Si beve birra a tutto spiano, ci si fa tatuaggi e sfregi corporei per esprimere una personale protesta, si contesta il Sistema andando a 200 all’ora nelle vie cittadine ammazzando pedoni innocenti, si pippa e si fa sesso compulsivo: tutti agiti, comportamenti dissonanti di un ceto popolare che non ne può più, ma che – privato scientemente dal Potere degli strumenti cognitivi / culturali, e lo diciamo nel senso di una vera cultura umanistica, non governa più il proprio mondo interiore, le proprie emozioni, i propri pensieri, per mancanza di logos. Una mancanza alla quale è stato programmato negli ultimi vent’anni, soprattutto con una televisione, una stampa e una editoria schifose, obbedienti al Potere finanziario tecnocratico, chine di fronte al denaro, e tecnicamente capaci di attuare una Programmazione Perdente degli individui, partendo soprattutto dall’Istruzione, che è stata progressivamente devastata.

Il terreno dello scontro, da politico, è diventato intrapsichico, e dalle piazze, in cui più nessuno manifesta, si è trasferito nelle menti, generando lo scempio psicopatologico a cui stiamo assistendo.

Assistiamo anche, in certa editoria orientata, e nei vari canali youtube, al proliferare di idee contro il Sistema, che però non saranno mai in grado di generare un movimento di popolo. Gli strumenti dati con l’educazione e la cosiddetta cultura, infatti, non garantiscono alcuna via d’uscita o l’elaborazione di un’alternativa al Mercato dominante. Tali strumenti, purtroppo, e questo, a saperlo scorgere tra le righe è davvero tragico, hanno proprio lo scopo di indirizzare le menti verso soluzioni convenzionali, modalità di dissenso che rappresentano l’ultimo prodotto del Capitalismo assoluto: il dissenso pilotato. Un dissenso capace di generare fenomeni di grande partecipazione emotiva, come in riguardo al prematuro suicidio di un filosofo guru britannico, Mark Fisher, eletto a guida spirituale e a nuovo messia, per aver ipotizzato che fosse più facile immaginare la fine del mondo invece che la fine del Capitalismo, in una serie di saggi che mescolano in maniera caotica cultura psichedelica, rave e LSD, marxismo, concezioni acide e apocalittiche di stampo accelerazionista (alla Nick Land), che hanno avuto l’unico risultato di farlo morire suicida. Ma la cultura del dissenso non finisce, come taluni credono, con Mark Fisher, o con altri guru su cui, dagli anni’60 (Timothy Leary, Ram Dass, ecc…) si è concentrata una folle richiesta messianica di soluzione alle nostre angosce più profonde, ma risale a un passato – la fine dell’800 e i primi del’900 – in cui anche due celebri filosofi, probabilmente molto fragili psicologicamente, come Otto Weininger e Carlo Michelstaedter – autocoinvoltisi in concezioni etero critiche portate agli estremi – si tolsero la vita a poco più di vent’anni, per ragioni, crediamo, del tutto analoghe. Esempi eclatanti di come il Demone di questa era altrimenti detta Kali – Yuga stia portando tra le pareti craniche lo scontro, e di come, lungi da essere un fenomeno nato oggi, affondi le proprie radici molto tempo fa, probabilmente – alcuni critici come Augustin Cochin l’hanno studiato e dimostrato – nella Rivoluzione Francese.

Gran parte dei capoccia del Movimento del’77 hanno poi fatto delle carriere borghesi allucinanti, si sono inseriti alla grande nel mondo produttivo capitalista (soprattutto editoriale pubblicitario e televisivo, senza fare nomi), e hanno trasformato la rivoluzione proletaria – fallita – in palingenesi borghese del tutto personale e molto ben riuscita, mentre quelli che in quegli anni venivano biecamente definiti piccoloborghesi e qualunquisti, allora come ora erano dei poveretti che campavano di lavoro, e oggi di pensioni misere, proprio quei piccoloborghesi che allora tiravano la carretta, e che fecero la fortuna del boom economico, la tirano tutt’oggi con pensioni miserevoli, allora incolpati dai rivoluzionari per una rivoluzione a cui non poterono partecipare per ovvi motivi pratici, oggi puniti dallo Stato per non aver abbastanza contribuito pensionisticamente. Penso alle tante madri italiane che venivano da famiglie contadine nel primo dopoguerra, che a fatica si sono strappate un diploma alle scuole serali, e che nei ruggenti ’70 schivavano le molotov con le sporte della spesa, tornando a casa da marito e figli dopo dieci ore passate a fare le dattilografe, senza il rispetto dei padroni e dei sindacati (che si occupavano solo della classe operaia), e senza gli straordinari pagati. Le rivoluzioni sono tutte fallite, ma al presente vediamo il fallimento completo di un progetto chiamato Uomo, che ha anche rinunciato alla propria individuale, prettamente biologica, fisica, corporea – non stiamo parlando di idee, ma di dimensione meramente cellulare – dignità e integrità. Alcuni – come Marco d’Eramo – danno la responsabilità del fallimento delle rivoluzioni alla fine dell’era industriale. Non è proprio o solo tutta questa la causa. Ma risiede nella natura individuale delle rivendicazioni rivoluzionarie, che rimanda al soddisfacimento di un bisogno, e non di un ideale. Eleggendo Freud e Marcuse a maestri, la classe rivoluzionaria del ’77 rivelava una natura nevrotica e individuale al proprio disagio, il cosiddetto disagio della civiltà (Freud – Marcuse) tanto da farlo risalire a cause repressive di natura borghese. Camuffati da ideali – dotati di trascendenza – i bisogni diventavano la moneta di scambio con un potere costituito che alla fine glieli ha soddisfatti (non mutando in niente la natura alienata del conflitto, né facendola accedere a un piano superiore di valori, che restavano confinati alla sfera dei bisogni e delle storie personali, in chiave prettamente freudiana), elevando la classe operaia a classe piccolo borghese, e impiantando un nuovo ordine, costituito dai rivoluzionari che scalzarono la vecchia classe dirigente. Si veniva a costituire un nuovo potere repressivo, sulle macerie del vecchio, un passaggio di testimone (di manganello) in piena regola.

Non è vero quindi che tutte le rivoluzioni siano fallite, è invece vero che non ci siano mai state, o che al contrario siano molto ben riuscite. Esse altro non obbedivano che ad altri valori reificati, volevano sostituire una reificazione con un’altra. In sostanza, non si è fatto un solo passo in avanti nella liberazione dell’Uomo dalle catene dell’alienazione, una nuova classe dirigente alienata ha sostituito la vecchia, e i valori alienanti hanno potuto continuare a circolare indisturbati, solo con in più uno sdoganamento che ce li fa accettare, la licenza di circolazione data dal supposto fallimento rivoluzionario. In questo modo, crediamo che le alienazioni odierne non siano il frutto delle alienazioni passate, ma qualcosa di inedito, che ha potuto malauguratamente instaurarsi perché la vera rivoluzione ha fallito. Bella classe di bugiardi, o forse anche semplicemente di ignoranti, di persone con uno scarsissimo grado di autocoscienza. Il detto socratico conosci te stesso, per quanto sulla bocca di tutti, è molto poco frequentato dalla stessa classe intellettuale.

Parafrasando Erich Fromm, possiamo affermare che le rivoluzioni abbiano fallito sì, ma su di un solo piano: quello dell’Essere, mentre abbiano vinto su quello dell’Avere. Ma siccome su questo piano l’Uomo è incontentabile, e perennemente insoddisfatto, si dice che le rivoluzioni abbiano tutte fallito.

Naturalmente, questo semplice fatto implica che le rivoluzioni saranno eterne, e eternamente fallimentari, perché non comporteranno mai un salto ontologico dell’Uomo dalla sfera dell’Avere a quella dell’Essere, garantendo perennemente la sua insoddisfazione, sottomissione ai padroni, sconfitta sul piano emozionale che lo renderà perennemente un consumatore onnivoro e vorace.

L’uomo pulsionale freudiano, continuando a prevalere sull’uomo archetipico junghiano, farà sì che la rivoluzione sia continuamente rinnovata su questo piano ontologico, e quella vera rimandata sull’altro. Garantendo così la costanza di una Legge immutabile, una Legge cosmica che le élites sfruttano su di un piano archetipico, per sottomettere l’uomo pulsionale.

Lo scontro fra Freud e Jung non è mai veramente avvenuto, anche se gli esegeti della psicoanalisi ce lo fanno credere. Il vero scontro è ancora là da venire, e sarà, se ci sarà, uno scontro apocalittico, fra Cosmogonie e non fra due semplici scienziati in carne ed ossa, i quali, nelle loro piccole esistenze, hanno rappresentato solo le due contrapposte incarnazioni di Demoni che sfruttavano la loro dimensione fisica nello Spazio Tempo terrestre, per scatenare una guerra di Valori.

Essere liberi, dai dogmi e dai condizionamenti, in una fase dissolutiva come la presente, una fase tragica e senza precedenti, significa cavalcare la tigre, dare corso, come intende Julius Evola, a quei processi dissolutivi senza opporvisi, ma al contrario, sfruttandone l’onda portante. Se un nemico c’è, ed è un nemico invisibile, è sul suo terreno che lo si deve combattere, utilizzando le sue stesse armi: quel piano archetipico e trascendente, che forze oscure di natura cosmica stanno indirizzando distruttivamente sull’umanità.

E’ accedendo ad un piano superiore di valori, che possiamo sviluppare una visione positiva del nichilismo che opprime e devasta le nostre esistenze. Come dice Evola, trasformare il veleno in medicina.

 

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