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Il Politicamente Corretto ci programma per renderci deboli e perdenti

Il Politicamente Corretto ci programma per renderci deboli e perdenti

Non è più una questione politica, ma culturale in senso ampio, strutturale, antropologico. Tanto da aver dissolto ogni orizzonte politico, ogni alternanza fra destra e sinistra, tra maggioranza e opposizione, da aver annientato la democrazia stessa. Il politicamente corretto è un atteggiamento mentale che non può e non deve essere imputato solo alla sinistra.

E’ bensì il prodotto di una intera società occidentale decadente e infrollita, indebolita nei suoi principi e valori. E in tale insieme degradato di sotto umanità, rientra anche la destra, che del politicamente corretto – sulla carta – si dichiara acerrima nemica.

L’opposizione della destra ai valori decadenti della sinistra liberal non ha alcun valore morale. Non si distingue da questi valori, ne professa di complementari, che in apparenza ne sono l’opposto. E’ solo il lato opposto della medaglia, ma la medaglia va presa nel suo insieme unitario con due facce che compongono un unico oggetto. In questo caso, un unico potere politico che, a corrente alternata, si esprime prima con le parole della destra, poi della sinistra, dicendo le stesse cose, in maniera diversa. Il potere politico ne è così preservato, non teme corrosioni, cadute. Giace unicamente su se stesso, in maniera autoreferenziale, e garantisce una apparenza di democrazia.

Se si imputasse la colpa di aver fatto nascere il politicamente corretto solo alla sinistra DEM liberal radical chic, si solleverebbe la destra dall’averlo ratificato con tagli alla cultura, all’istruzione e alla sanità insensati.

Si vuole però mantenere in essere questa frattura fra destra e sinistra per mantenere in essere il potere politico, che da anni – almeno dai tempi di D’Alema – è divenuto un sistema autoreferenziale e anti democratico (si legga a tale proposito Critica della Sinistra italiana – Gianfranco Pasquino – Laterza, 2001).

In questa dinamica sporca e intellettualmente disonesta, l’informazione non aiuta a fare chiarezza, anzi, fomenta il disordine delle idee e lascia il cittadino fermo nelle sue convinzioni del tutto illusorie: che vi sia ancora – nonostante tutto – una alternanza, una democrazia.

Pensare che il politicamente corretto sia un prodotto – anzi, un sottoprodotto – arcobaleno e basta, porta fuori strada.

Il fatto che vi sia una fantomatica destra che critica il cascame ideologico arcobaleno, per effetto perverso non fa altro che rafforzarlo.

Il politicamente corretto si alimenta infatti di concetti quali debolezza, fragilità, malattia, disfunzionalità (i Maneskin ne sono i cantori di Stato), ed è un ambito semantico di LAMENTAZIONE E PIAGNISTEO (Robert Huges – La cultura del piagnisteo – Adelphi, 2003) nel quale gli attacchi esterni rafforzano quel senso di debolezza, di discriminazione, sul quale il concetto delirante si regge.

Il Generale Vannacci per assurdo è inconsapevolmente il più grande alleato del politicamente corretto, il suo araldo, il suo più grande SPONSOR.

Coi suoi attacchi continui e frontali, egli rinforza il muro dell’apartheid oltre il quale le minoranze da lui attaccate rafforzano la loro coscienza di minoranze perseguitate, le loro pretese, i loro accampati diritti/capricci, appellandosi a una opposizione inefficace, e per questo funzionale al crescere della lamentazione stessa della minoranza, al suo delirio di persecuzione che così si rafforza, rafforzando l’ideologia, che raccoglierà in futuro sempre nuovi adepti che si sentiranno uniti alla causa politicamente corretta da qualche supposta o – per carità – reale disfunzione o fragilità di cui sono portatori. La crescita del sentimento impotente, l’unione delle forze apparentemente discriminate, genererà una Potenza al contrario, un inno all’Impotenza, un partito di massa di deboli e di perdenti, il cui unico requisito per appartenervi è e sarà una qualche forma di deficit, visto come valore aggiunto alla persona.

Questo sta già capitando in ambito artistico, dove le biografie di cantanti e scrittori iniziano subito con l’elencare i vari deficit, le varie sfighe di cui l’artista è portatore. Dopo i Maneskin ci saranno altri gruppi musicali che canteranno e daranno valore a tutto questo, alla devianza, alla malattia mentale, alla sconfitta sociale. Questo, in sostanza, è un delirio di onnipotenza, ma una strana onnipotenza, perché si alimenta di IMPOTENZA.

Il Partito Massa dei malati si espanderà all’infinito, fino a quando questo giochetto perverso non cesserà. Forse cesserà quando l’economia – non potendo più contare su forze sane, essendo stata l’intera società condizionata ad essere programmaticamente malata – sarà a un punto di non ritorno, quando l’intera impalcatura sociale economica e politica sarà crollata definitivamente sotto il peso del DEFICIT psico mentale e fisico.

Quanto appena detto non intende assolutamente incolpare o insultare le persone fragili, anzi, intende tutelarle dalla manipolazione e strumentalizzazione che esse stanno subendo ad opera delle élites politiche, che vogliono plasmare – tramite esempi derivanti dalla moda, dallo spettacolo, dalla letteratura – una società sul modello del deficit, invece che su quello del successo e dell’integrità psicofisica (1).

Attualmente stiamo assistendo a una massiccia campagna mediatica che punta in un’unica direzione, che indica un unico modello di persona: la persona fragile, la persona con disturbi, con deficit di ogni tipo. Su tale campagna, che dovrebbe assuefare i cittadini a questo modello, poggia l’intento di far passare per inclusivo un modello di capitalismo in realtà sfrenato e assetato di soldi, di sangue, del nostro sangue. Un modello vampirizzante, che ci sta mettendo in ginocchio a livello collettivo. Ci sta distruggendo dall’interno, corrodendo la speranza nel futuro, avvelenando il presente, cancellando il passato (con la cancel culture e la censura).

Si tratta di un progetto su scala planetaria, che in pochi riescono a smascherare, e questi pochi avveduti, sono quelli che oggi dormono per strada nei cartoni, che ovviamente hanno aperto gli occhi, non godendo più dei benefit e dei rinforzi emotivi elargiti dal Potere, quali divertimento, droghe o sesso o serie tv o svago generalizzato, beni e svaghi che necessitano di un reddito, un domicilio, un conto in banca, uno status sociale che non sia quello del barbone. Loro hanno capito, ma non lo possono dire a nessuno. Nessuno gli crederebbe.

Già, ci troviamo immersi in uno scenario distopico, dove le più terrificanti ed esasperate profezie di artisti illuminati (Orwell, con 1984, John Carpenter, con Essi Vivono, P. D. James, con I figli degli uomini, una dimensione soffocante e incomunicabile, angosciante sino all’afasia linguistica e mentale, e che ha anche fatto delle vittime per suicidio, come il povero e incauto e fragile – non di certo nel senso dei Maneskin – Mark Fisher), si sono puntualmente avverate. Avverate a tal punto, da non essere nemmeno percepite: qui sta il risultato ottenuto dal Potere: nessuno si accorge di quello che sta avvenendo, salvo una minoranza che viene fatta passare per complottista, feccia di Destra, o che finisce per suicidarsi. Alcuni, molti dei dissidenti attuali, non sono nemmeno assimilabili alla Destra, ma a una Sinistra storica tradita, vecchi comunisti e marxisti – come il sottoscritto – che si sono “svegliati” al suono della disco dance globalista (la stessa al ritmo della quale giorni fa Elly Shlein ballava sul palco del concerto di J-Ax… Vi immaginate Berlinguer o Natta fare la stessa cosa?) inaugurata circa trent’anni fa da quel … non si può nemmeno definire, soggetto politico a nome Massimo D’Alema (esempio italiano di un’onda riformistica che ha investito tutta l’Europa), e che ha distrutto la Sinistra dal suo interno (ma già il processo di frantumazione ideologica interno al PCI era stato avviato culturalmente da altri soggetti indefinibili e inqualificabili, scrittori – più che altro funzionari culturali, burocrati delle Lettere, arrampicatori di scranni parlamentari – come Paolo Volponi, di cui avremo occasione di analizzare più a fondo l’Opera).

Proprio partendo dall’Opera di Paolo Volponi, in un certo senso paradigmatica, si potrebbe a questo punto prendere come punto d’osservazione privilegiato – non ne vedo di migliori – di questo progetto/processo disgregativo della società civile la Letteratura e la sua funzione meta politica. Una funzione assimilabile a quella storica del terrorismo degli anni’70, in quanto ne possiede la stessa funzione destabilizzante, operando secondo una medesima strategia della tensione, ma senza fare morti, vittime, se non per depressione, suicidio, abuso di sostanze, malattia mentale (una maniera molto corretta e finemente nascosta di attaccare il corpo della collettività senza fare azioni eclatanti e condannabili come gli attentati dinamitardi, ma con un effetto ben più penetrante e a lungo termine, come avvelenando la falda acquifera o diffondendo tonnellate di neurolettico o metadone nell’acqua potabile – chissà se non l’hanno fatto veramente, alcuni pensano di sì…).

De-sessualizazione dell’individuo e de-conflittualizzazione delle società camminano insieme (Pier Paolo Caserta). Riporto questa massima in quanto possiede un significato apodittico nella lettura del presente storico.

Spacciata come linea del fronte della più cruciale battaglia di civiltà, la disarticolazione dell’identità sessuale è una conseguenza dell’affermazione dell’individualismo competitivo e un riflesso della disarticolazione delle relazioni sociali, nonché del radicale progetto di disumanizzazione al centro dell’universo tecnocratico e del transumanesimo sua emanazione ideologica (ancora Pier Paolo Caserta). Il filosofo continua: La culla del transumanesimo, del resto, coincide con il cuore del potere economico, cioè la Silicon Valley. L’ideologia transumana si propone il superamento dei limiti dell’uomo, compresa la stessa corporeità, attraverso la tecnologia. In quest’ottica, i transumanisti sostengono espressamente l’ibridazione uomo-macchina come chiave di volta per conseguire un salto evolutivo. Ma nella fusione dell’uomo e della macchina (intelligenza artificiale) non è quest’ultima a umanizzarsi, ma il primo a disumanizzarsi. Questo processo è già ampiamente in atto: il pensiero umano, imbrigliato nei protocolli della Tecnica, sta diventando sempre più tecno-morfo. Di qui derivano i rischi di questa ideologia che, nella misura in cui pretende di sbarazzarsi di una componente fondamentale della natura umana, è in primo luogo una forma di ùbris, che oggi sta diventando egemone, perché poggia sul potere economico di Big Tech. Inoltre, per cogliere appieno tutte le corrispondenze di segno in gioco, bisogna notare anche che l’uomo-macchina, esito finale preconizzato dal transumanesimo, è per definizione anche de-sessualizzato, in quanto la pretesa liberazione dalla corporeità e dai suoi limiti porta con sé il superamento dell’identità sessuale. Per questa via si può già intuire come il transumanesimo si inscriva nel più ampio orizzonte del politicamente corretto e costituisca, dunque, l’estremo avamposto ideologico del dominio tecnocratico. (…) In questa cornice ideologica, la regressione del cittadino a tecno-suddito, indotta dal capitalismo digitale, con la conseguente monadizzazione e iper-frammentazione dell’individuo, e la disarticolazione dell’identità sessuale sono due processi che si rinsaldano a vicenda. Sono parte dello stesso pacchetto, del medesimo progetto di ristrutturazione antropologica. La Tecnocrazia presuppone la riduzione del cittadino a tecno-suddito, che dipende dalla Tecnica e dai suoi apparati, pensa in modo tecno-morfo, recepisce l’agenda dettata dall’èlite tecno-finanziaria (mentre si pensa emancipato), ha rimosso l’orizzonte della lotta sociale ed è pronto a tuffarsi nelle braccia salvifiche del mercato (Pier Paolo Caserta).

Ho preferito riportare fedelmente le parole del filosofo, per avere la certezza di colpire nel segno con un linguaggio appropriato e tecnico che non lasci dubbi.

Veniamo dunque al linguaggio letterario di oggi. Estraneità, anomia, non partecipazione collettiva, sono alcuni tra gli elementi che connotano la vita moderna, soprattutto nelle metropoli. Ma, traslando questi concetti, li ritroviamo appieno anche nella cosiddetta arte e nella cosiddetta cultura. Dico “cosiddetta”, in quanto di arte e cultura non è rimasto che un involucro vuoto a rappresentare qualcosa di ormai tramontato, e che resiste solo sotto forma di marketing capitalista e autopromozione (le tante mostre immersive, atte a sopprimere il Sistema Nervoso Centrale come una qualunque sostanza psicotropa, una dose di eroina, ecc…).

Finito il tempo della pura ricerca, dello scavo spietato dentro di sé, finito il tempo delle opere della crisi che mettevano in crisi le coscienze, che tempravano gli animi, guidavano la collettività, è anche finito il tempo della collettività, e non essendoci più niente di collettivo, anche l’arte ha smarrito il proprio senso.

Non si capisce a chi si rivolgano oggi gli artisti, che senso abbiano le loro Opere. A un indistinto orizzonte di mercato? A un astratto fruitore di prodotti di consumo? A cosa si riducono Opere che ci ostiniamo ancora a chiamare Opere d’Arte, ma che sono in verità prodotti come tutti gli altri, come le lavatrici e le saponette? A cosa si riducono quegli individui che ci ostiniamo ancora a chiamare artisti, ma che in verità sono lavoratori alienati e allineati allo stile produttivo, sottomessi alle regole del marketing politicamente corretto, servitori del pensiero comune?

Basta farsi un giro nel web, e ormai di scrittori ce ne è una caterva, che magari sfornano quattro o cinque libri all’anno. Quando il tempo per scrivere decentemente un romanzo, nel ‘900, era almeno di due o quattro anni. Gestazioni veloci, si sa, mettono al mondo figli deformi, o aborti.

Agli editori non importa se un libro è un aborto, illeggibile, scritto male e pieno di refusi. L’editore, su una tiratura di 500 copie, guadagna prima con gli incentivi statali, poi, dato che il libro ne venderà al massimo una ventina – escluse le copie omaggio che andranno a giornalisti e addetti stampa – guadagnerà una seconda volta sul rimborso dovuto al macero: et voilà, questa è l’editoria oggi, Signori. L’editoria arcobaleno, politicamente corretta, mercantilmente corretta quanto scorretta moralmente e corrotta nell’anima. L’editoria che promuove il dilettantismo di chi compra sul web il kit per diventare scrittore di romanzi in 4 giorni, e per scrivere un romanzo in 4 settimane, e per farselo poi revisionare da quella categoria parassitaria e prepotente che sono diventati gli editor, senza i quali il libro uscirebbe sotto forma di obbrobrio. Ci sono tanti figli di povera gente (con tanta ambizione indotta da questo Sistema classista, e una scarsa preparazione alle spalle) che tentano ormai questa strada del romanzo come ascensore sociale, alla stessa maniera dei talent musicali. Ma ci sono i soliti figli e figlie diciassettenni di gente illustre, che scribacchiano il loro obbrobrio ombelicale, e che l’editor mette in sesto per fare una marchetta al padre orgoglioso di cotanta prole; la solita italietta nepotista da fine impero. Non siamo poi tanto distanti dalla Roma di Domiziano. La sua anima è nera e a morale, perché la figura del vecchio editore non c’è più, ma è stata sostituita da quella dell’amministratore delegato, che deve solo far quadrare i conti, generare profitto. Ben venga allora che uno scrittore che abbia abbastanza follower sforni quattro aborti all’anno, anche cinque, anche sei… Che senso ha tutto questo? Sembrerebbe non averne. Ma un senso ce l’ha.

Il senso è da ricondurre al fenomeno della Produzione Sociale dell’Ignoranza.

La democrazia è veramente a rischio? «Certo», dice Fabrizio Tonello, professore di Scienza Politica presso l’Università degli Studi di Padova, che ha pubblicato il libro “Democrazia a rischio. La produzione sociale dell’ignoranza”.

Approfondendo questo argomento, ci si rivela come la modernità abbia divorato ogni forma di sapere e di eccellenza che avevano resistito sino a prima dell’avvento della Globalizzazione, e come oggi la finanza internazionale (che è il vero Potere sovranazionale e sovra politico), prema verso forme sempre più omologate di Società, amalgamate dai consumi e dal digitale, dove sia bandita l’eccellenza, l’intelligenza, valori tradizionali di forza, orgoglio, individualità, a favore di mediocrità, debolezza, malattia, insicurezza, secondo lo schema politicamente corretto, per cui il deficit, la debolezza, la devianza sarebbero elementi di un discorso più ampio, non solo aspetti che, doverosamente vanno tutelati da ogni forma di disprezzo, condanna o oltraggio, ma aspetti addirittura da imitare, incoraggiare, portare ad esempio: i Maneskin cantano Sono fuori di testa, volendo fare della devianza un valore in sé, il manifesto ideologico del politicamente corretto.

Tutto ciò produce ignoranza, ignoranza sociale in tempo di Social. E’ anche naturale che, in un contesto macro sociale così degradato, la cultura sia morta, e l’editoria dia voce a discutibili “intellettuali” che di intellettuale non hanno niente: maschi coi capelli raccolti a chignon, braccia tatuate, sorriso di una bellezza bastarda, camicia bianca aperta sul petto, semplici burini all’ora dell’aperitivo che seducono a strascico poverette senza cervello. E’ di secondaria importanza, se tra i quattro libri sfornati annualmente da questo prototipo di intellettuale del 2024, ce ne sia uno che ricostruisce una vecchia strage nazista, o un incidente in miniera avvenuto novant’anni fa in cui perirono ottocento operai. Il marketing difatti, oggi, impone questi temi, temi corretti, politicamente corretti, che si ammantano di etica e di impegno sociale, in una società che si dice inclusiva, sostenibile, eccetera. Ma che alla prova dei fatti è esattamente il contrario, una società dove ognuno pensa per sé.

I miei colleghi scrittori fuxia arcobaleno e politicamente corretti, che votano Elly Schlein, che appoggiano uno fra i principali nemici del popolo e della democrazia, continuano a scrivere per Einaudi e Mondadori e Bompiani di vecchie stragi fasciste, di partigiani al 25 Aprile, di Bella Ciao, e nessuno scrive delle stragi silenziose dei nostri giorni; già, gli editori per cui pubblicano, con cui fanno la loro narcisistica autopromozione su Instagram e Youtube & Scuole di Scrittura Creativa, non glielo permetterebbero: è ammesso parlare di stragi vecchie, non di quelle presenti (ricordate Orwell? 1984?, ci siamo dentro!) questa è l’Economia Digitale, è l’Economia Fuxia, il mondo dinamico e delocalizzato e ibridato dei radical chic.

Note:

1: l’attuale Sistema Sanitario Nazionale versa in uno stato di grave abbandono. I continui tagli alla Sanità, del resto, non garantiscono più alcuna efficace cura di qualsiasi deficit fisico o mentale; vediamo allora quanto di demagogico, di pericoloso e di destrutturante – se non in completa malafede – vi sia nel politicamente corretto, che alimenta il mito di una INCLUSIVITA’ che nei fatti non esiste, essendo i portatori di qualche difficoltà fisica o mentale lasciati completamente a se stessi.

QUANDO GLI SCRITTORI FUXIA SI DECIDERANNO A SCRIVERE DELLE VERE TRAGEDIE SILENZIOSE CHE CI SONO ATTORNO A NOI?

 

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