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Richard Bach… la Frontiera… molti lo conosceranno per il suo best seller “Il gabbiano Jonathan Livingstone”. Una favola adatta a interpretazioni diverse. Taluni ci hanno visto un messaggio religioso. Altri un inno all’eroismo. O ancora un estremo credo nelle virtù dell’individuo. Prendo questi pensieri a prestito da una bellissima recensione di Manlio Cancogni apparsa nel 1974 per l’edizione italiana (Rizzoli) di “Biplano”, che Cancogni lì descrive come “poetico diario”.
“Biplano” sta fra il reportage e il diario. Racconta di come Bach abbia attraversato gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, con un biplano del 1929, a elica e con la carlinga aperta. Siamo nel 1964 – prosegue Cancogni – al tempo dei jet e dei supersonici. C’è da chiedersi perché Bach abbia voluto compiere una simile impresa, essendo stato un aviatore militare, e sia a conoscenza degli ultimi ritrovati della tecnica.
La risposta sta nel suo aspetto. Ray Bradbury, nella prefazione al libro, lo descrive come un uomo alto e angoloso. Quando deve passare per la porta si china, come faceva Gulliver quando entrava nella casa di un lillipuziano. Ha appena compiuto un atterraggio di fortuna nella vostra proprietà, e può darsi che si sia rimboccato le maniche e abbia dato una mano al raccolto. … il mito ancestrale della Frontiera…
In altre parole, è l’immagine del pioniere americano d’altri tempi, buono e coraggioso (Cancogni) ingenuo e capace, dei tempi in cui l’America era ancora un mito e i suoi figli ispiravano fiducia e simpatia, e la sua faccia vi fissa in un album di ricordi, l’album del mito ancestrale della Frontiera, vi fissa con una sorta di orgogliosa innocenza fra un migliaio di foto sbiadite.
Cancogni ci spiega anche che il racconto di Bach ha un valore documentario, descrive l’esperienza del volo, un’esperienza poetico-tecnica, oggi (era il 1974, e nel 2020 questo concetto è ancora più vero) irripetibile nelle complesse macchine in servizio nei cieli. “Biplano” è anche una riscoperta della terra, in questo caso l’America vista da bassa quota. Dalle dolci colline verdeggianti della Carolina, sfiorando i folti boschi di pini della Georgia e dell’Alabama, sorvolando i numerosi fiumi del Mississippi e della Luisiana, si arriva alle distese gialle del Texas, rosse dell’Arizona, e finalmente alle montagne viola che chiudono a est la California.
Dick Bach non “vola” – concludo con l’inciso di Ray Bradbury – così come il suo trisavolo Johann Sebastian Bach non “scriveva musica”; la emanava.
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