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LA CITTA’ SRADICATA mappe mentali l’abitare provvisorio dei migranti
La condizione del migrante di oggi è una condizione di provvisorietà. Se le vecchie generazioni erano abituate a un concetto di abitare legato al vissuto di appartenenza a un territorio – nel Nostro caso Milano – le nuove generazioni (studenti, lavoratori precari, neo laureati costretti ad espatriare), si stanno abituando a un vissuto diverso, a quello della transitorietà e della provvisorietà. Condizione analoga – anche se con molte più chances e agevolazioni, senza dubbio – a quella dei migranti che vengono in Italia in cerca di un varco, per poi transitare verso altri Stati europei. Italia, terra di passaggio, e quindi anche Milano. Non si può dire “di speranze”, in quanto i migranti stessi non proiettano più alcuna speranza sul Nostro territorio, essendo le speranze proiettate verso la Germania, soprattutto, o la Francia, Stati molto più promettenti del Nostro. Ma dall’Italia, come da una sorta di Purgatorio – ahimè – bisogna passare…
Di qui, il vissuto dei milanesi, di essere “usati”, di essere “espropriati” del proprio territorio che, con molte ansie e chiusure, vedono come “snaturato”, in quanto “usato” dai migranti, e non anche “amato” o “rispettato”. Tale vissuto, per quanto persecutorio e un tantino xenofobo, è, per certi versi, corretto, e risponde a verità. E’ vero, Milano è “usata” e “sradicata” nella sua identità da quella popolazione di migranti che vi è costretta a transitare, scardinando gli usi e i simboli consueti del territorio. La creatività dei migranti, la loro necessità di sopravvivere a tutti i costi alle privazioni, fa sì che i luoghi consueti della “milanesità” vengano ripensati, rimappati, secondo le necessità concrete di chi ha poco, o niente. Da una parte, la rabbia dei milanesi, dall’altra, il fiorire di nuove consuetudini, nuovi “usi” della città. E’ quello che ci racconta l’Urbanista e Architetto Nausicaa Pezzoni nel suo saggio “La città sradicata” che, partendo dalle intuizioni di Kevin Lync, ha raccolto e commentato un gran numero di “mappe mentali” di Milano disegnate dai migranti. Il libro analizza la condizione del migrante al suo primo impatto con la città, e la sua percezione di essa. Una percezione che le cartine ufficiali non possono trasmettere. Dall’analisi delle mappe mentali, possiamo notare che la percezione del migrante è più “affettiva” che “cognitiva”; in maniera a volte infantile, egli traccia i percorsi tra il dormitorio e la mensa, non tralasciando di annotare “luogo buono per conversare con gli amici”, oppure “luogo non buono”, da cui tenersi lontano, come ad esempio certe vie del Centro. Le mappe mentali sono quindi “mappe affettive” di percorsi “sradicati”, e sradicata sarà la Nostra percezione, allorché ci apprestiamo a riosservare la Nostra città attraverso la mappa dell’immigrato.
Geografie dell’abitare contemporaneo – I migranti mappano Milano
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