L’IGNOTO CI FA PAURA
Forse non c’è cosa più terrificante dell’ignoto. Non essendoci limite al peggio, ci si immagina che, laddove non si abbia avuta alcuna esperienza, si possa annidare il peggio del peggio. Noi però gli attribuiamo categorie NOTE. Esso non è un luogo ai Nostri occhi così ignoto. Se lo fosse del tutto – ovvero, se fosse una dimensione del tutto sconosciuta e inesperita – forse non ne avremmo così paura, non ne avremmo motivo.
L’ignoto, in quanto tale, è una dimensione che non rientra in alcuna esperienza, dunque, dovrebbe essere rassicurante, o per lo meno, neutra.
Quando invece ci prefiguriamo qualcosa di ignoto (un viaggio, un incontro, la Morte), attribuiamo a quella futura dimensione esperienziale categorie di esperienze già vissute, e terribili/temibili/avverse/paurose.
Ci si aspetta sempre il peggio dall’ignoto, cosiccome dal Futuro.
C’è un ignoto che, però, ci sta anche alle spalle, nel Nostro passato. Usciamo a volte da espreinze che non comprendiamo, la cui natura ci sfugge. Esse ci fanno meno paura, perché ormai non ci posso più riguardare, appartenendo a una cosa che non può tornare: il Passato.
E – se ci fanno paura – questo sentimento può derivare solo da questo unico fattore: non averle comprese, potrebbe avere delle ripercussioni – ignote – sul Nostro futuro.
Alla fine, ciò che dell’ignoto ci fa paura, è la sua collocazione nella dimensione futura. Che ci può venire incontro, prima o poi, e riguardare da vicino, coinvolgerci.
La Morte ci riguarderà tutti, prima o poi. Anche ad essa compiamo l’errore di attribuire categorie note, se non altro, note alla fantasia dei potei e degli artisti. O alla cultura popolare.
©, 2017
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