Guerra Putin pandemia e globalizzazione
La guerra in Ucraina fa fare, dopo la pandemia, un ulteriore passo indietro verso la auspicata normalità, colpendo ancora una volta il commercio internazionale già indebolito dal covid19. Vigeva, prima di questa orribile guerra, la convinzione che i commerci in un certo luogo escludessero l’insorgere di un conflitto, secondo il pensiero dell’economista Frederic Bastiat, che formulò questo concetto nella prima metà dell’Ottocento. Già dalla Prima Guerra Mondiale 1915-18 questo concetto era stato messo in dubbio. Gli eventi bellici delle ultime settimane in Ucraina stanno nuovamente facendo vacillare quel pensiero. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia è diventata snodo di commerci in entrata e in uscita verso l’Europa, con passaggio di petrolio, gas, derrate alimentari in entrambe le direzioni. Malgrado ciò, Putin col suo esercito ha creato le condizioni di un blocco di questi scambi. In certi momenti e con certi regimi gli scambi non fermano i carrarmati.
La globalizzazione, già prima di questa guerra, e prima ancora della pandemia, stava dando segni di cedimento e arretramento, i commerci globali, la mondializzazione delle economie, cresciute dalla metà degli Anni Ottanta, hanno continuato a salire di valore sino al 2008, cioè sino alla crisi finanziaria. Dopo una breve ripresa, il valore degli scambi è nuovamente sceso nel 2020, anno della crisi da covid19 e da lockdown.
Uno degli assi portanti che hanno sospinto la globalizzazione, modellandone la qualità, è stata la formazione della catena del valore dei prodotti, che ha legato diverse imprese ed economie, indispensabili per i telefoni cellulari, per le automobili, per i computer, per le biciclette, eccetera, filiere che sono state scosse prima da fattori strettamente economico sociali, come lo scontento dei lavoratori occidentali, per la delocalizzazione delle imprese, che ha causato perdite di posti di lavoro. Successivamente sono arrivate ondate protezioniste in seguito alla crisi finanziaria del 2008, e alcune politiche di Donald Trump; il commercio si è anche in parte militarizzato, con la Cina che lo ha usato sempre più spesso per affermare i suoi obiettivi politici.
Un colpo decisivo alla crisi della globalizzazione è arrivato con la pandemia, che ha bloccato le forniture e la logistica, le navi container – veicolo indispensabile agli scambi – sono entrate in crisi, le aziende che operano con magazzini in entrata e in uscita al minimo, spesso si sono trovate senza risorse.
La globalizzazione ha prodotto crescita economica e apertura delle comunicazioni internazionali, mettendo in contatto miliardi di persone che ora condividono idee, letture, musica, esperienze, scambi d’informazione. Nonché modelli di vita. Ciò rende la guerra di Putin anacronistica e destinata alla sconfitta sui tempi lunghi.
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