Siamo già in una ovattata dittatura
Ormai ci sono tutti i segnali, non solo allarmanti, ma nefasti, di un disastro generale più che annunciato, dell’avvento di una dittatura globale. Non è più tempo di interrogarsi su cosa fare per evitare il peggio, il fare, se non si sbarazza il campo dagli errori fatti, e dalla cattiva fede, non fa che aggravare la situazione e precipitarci più velocemente nel baratro.
Nel passato, vanno ricercate le cause del presente. Ogni persona in buona fede, non potrà che ravvisare una stortura, un maleficio assoluto, capace di generare processi distruttivi, nell’aver consentito la concentrazione di potere e ricchezza nelle mani di un pugno di uomini, i capi e padroni del pianeta, nell’aver spianato la strada alla dittatura. Da qui, il Potere di questi individui si è sviluppato tramite il silenzio assenso delle masse, cui sono stati propinati molti motivi di distrazione (l’eterno gaudio, le droghe, la cultura dello spettacolo, ecc…) la corruzione e la persuasione del denaro, l’informazione manipolata e la schiavizzazione dei lavoratori. Tutto ciò ha contribuito a porre fuori dai giochi la classe politica, facendo sì che le decisioni venissero prese da entità non legittimate e private, in grado di influire sui singoli governi e sulla UE. Queste entità stanno lavorando a una sempre maggiore spersonalizzazione della Società, creando occasioni di isolamento, distruggendo i luoghi comuni di scambio, distruggendo ogni processo culturale e la produzione stessa di idee libere e non condizionate dai soldi. In una parola, modellando il mainstream, per fare accettare meglio e in maniera silente la dittatura.
La tecnologia ci ha resi ottusi mentalmente e remissivi. L’eccesso della fruizione di immagini ha cancellato, spento il pensiero per parole, il linguaggio scritto. Nessuno si chiede la ragione dell’enorme successo di una piattaforma come N***, capace in breve tempo di sfornare tonnellate di film a basso costo dal potente effetto depressivo/ossessivo?
Dobbiamo prendere atto della nostra compartecipazione a ciò che ci minaccia. La comodità ci ha resi inermi e incapaci di filtrare le informazioni. Facciamo troppo spesso l’operazione di affidarci al pensiero di comunicatori titolati (i giornalisti del mainstream), per farci un giudizio di qualcosa, rinunciando al nostro impegno intellettuale. Già, ma se ci hanno spento l’intelletto in vent’anni di immersione nel virtuale, di fiction, di documentari scadenti, di programmi scientifici inutili, di dibattiti politici preformati, di litigi atti a fare audience, come possiamo difenderci dall’informazione in cattiva fede? Sì, siamo stati programmati proprio dai padroni del mondo, che sono diventati anche i padroni delle nostre coscienze. E i giornalisti, quelli mainstream, che ruolo hanno in questo processo? Un ruolo fondamentale: ormai, non più cani da guardia del Potere, si sono – per interesse, codardia, forse anche per soldi – auto degradati a rango di comunicatori. Vediamo bene, allora, che non essendoci più una vera politica, e nemmeno la sorveglianza della carta stampata e dell’informazione, il Potere (Davos, Klaus Schwab et similia, per intenderci, UE…) ha campo libero e la Democrazia non solo è in pericolo – come molti dicono, anche del mainstream, per tacitarsi la coscienza – ma non esiste più: siamo già in una – ovattata, indistinta – Dittatura.
Il 2022 ci ha lasciato una pessima eredità. Iniziato con l’invasione russa dell’Ucraina, e finito con lo spettacolo indecente dei mondiali di calcio in Qatar.
Dallo scandalo calcistico, si è subito passati a quello dei trolley pieni di soldi a Bruxelles, le due cose erano collegate.
Alla voce Unione Europea, leggasi: dove, all’ombra di grandi movimenti che si intestano la difesa degli ultimi, c’è spesso la circolazione di denaro sospetto, dove vengono decise le forme di vita di interi popoli, imposte dall’alto e inappellabili come verità assolute (la dittatura usa toni sempre definitivi e minacciosi), e si infiltrano 14 mila lobbisti che fanno lobbing solo in parte alla luce del giorno, in maniera registrata, mentre non si sa nulla del lobbing sommerso. Dove si sta ampiamente dimostrando che le organizzazioni per i diritti umani sono una macchina per fare soldi…
dove l’Europa chiude un occhio. Anzi, due.
Nel libro di Fabrizio Tonello Democrazia a rischio. La produzione sociale dell’ignoranza, viene esaminato il sistema dei media nel loro complesso, e le ricadute di una distruttiva politica della audience sulla massa, e vengono esaminati i processi di infantilizzazione degli adulti, post – verità e fake news (indagando) sul successo di leader politici come Donald Trump e Boris Johnson (…) e la scuola che rimane un’emergenza educativa forte. «Il nostro pianeta è a rischio», scrive Tonello. «Le democrazie sono a rischio. Il pianeta è a rischio perché le democrazie sono a rischio. Questa forma di regime politico sembra non garantire più le necessarie capacità di autogoverno alle comunità umane che non vogliono sparire» (https://www.impegnoeducativo.it/2014/democrazia-a-rischio-la-produzione-sociale-dellignoranza/).
La democrazia è veramente a rischio?
Certo, afferma Tonello, anche a causa della deriva oligarchica delle democrazie industriali, e il rischio di un ritorno del fascismo non è affatto remoto, basandosi sulle stesse condizioni strutturali che facilitarono l’ascesa del fascismo e del nazismo tra le due guerre mondiali: sommovimenti sociali in Italia dopo la Prima Guerra Mondiale, e disoccupazione di massa in Germania dopo l’inflazione del 1923 e il crack di Wall Street nel 1929. Lo stress cui furono sottoposte queste due nazioni, alimentato dalla crisi economica, le gettò nel panico, e nel disorientamento, rendendole alla fine disposte ad accettare i regimi. Oggi stiamo assistendo al medesimo successo dei partiti populisti in tutta Europa, e alla produzione di messaggi e informazioni regressogene da parte dei media, con talk show in prima serata che alimentano le pulsioni anti democratiche e irrazionali dell’inerte spettatore medio. Come combattere questa spinta regressiva? si chiede Tonello.
Creando dei movimenti di massa per difendere la scuola e la cultura, soprattutto in luoghi neutrali e collettivi come le biblioteche pubbliche. Combattendo ciò che Roberto Casati definisce il “colonialismo digitale” in tutte le sue forme (https://www.impegnoeducativo.it/2014/democrazia-a-rischio-la-produzione-sociale-dellignoranza/).
Qual è la relazione tra mass media e democrazia?
In Italia, il populismo è stato creato dalle televisioni commerciali e, in particolare, dalla Fininvest. I talk show politici non hanno migliorato la situazione. In Italia ce ne sono a dozzine e il logoramento del format è palese: sempre più i conduttori devono invitare ospiti a sorpresa o personaggi stravaganti nel tentativo di rubare qualche punto di share ai concorrenti. La loro proliferazione, in realtà, ha poco a che fare con la passione politica e molto con le esigenze industriali della televisione, che è un medium costoso da gestire. Il vantaggio dei talk show è che riempire un’ora di chiacchiere fra giornalisti e politici costa soltanto lo stipendio del conduttore: gli ospiti vengono ben volentieri gratis. La formula di Porta a Porta e altri prodotti simili è quella di usare la politica come spettacolo, facendone una forma di intrattenimento, non di partecipazione, e incentivando la passività del pubblico (https://www.impegnoeducativo.it/2014/democrazia-a-rischio-la-produzione-sociale-dellignoranza/).
Al ministero della Propaganda avevano messo a punto una teoria nuova: il momento migliore per trasmettere gli annunci importanti era al termine della giornata lavorativa. In quel modo le notizie venivano ricevute collettivamente, con spirito cameratesco, e non c’era l’occasione di abbandonarsi in privato allo scetticismo e al disfattismo. Inoltre le trasmissioni erano sempre studiate in modo che i lavoratori tornassero a casa un po’ prima, alle quattro e mezzo anziché alle cinque, con un senso di contentezza che associava subliminalmente il regime a sensazioni piacevoli. Così andavano le cose di quei tempi. Nel palazzo della Propaganda in Wilhelmstrasse, candido come la neve, ormai gli psicologi erano più numerosi dei giornalisti. (Robert Harris – Fatherland – Mondadori, 1992).
Ma anche altri scrittori si sono espressi sull’argomento, tra cui G. K. Chesterton ne Il Napoleone di Notting Hill (Guanda, 1989):
(…) la democrazia vera e duratura si basa sul fatto che tutti gli uomini sono parimenti idioti. Perché non sceglierne uno tra costoro? Per governare ci basta un uomo purchessia, un uomo che non sia pazzo o criminale, in grado di leggere una petizione o di apporre la firma a un proclama. (…) Ora in Inghilterra abbiamo dato vita all’istituzione verso la quale tutti i sistemi sono avanzati a tentoni, ossia il cupo dispotismo popolare che esclude ogni illusione. Vogliamo un uomo, uno solo, a capo dello Stato, non perché sia virtuoso o intelligente, ma perché è un singolo individuo e non una folla schiamazzante. allo scopo di eludere l’eventualità di tare ereditarie o di altre piaghe del genere, abbiamo abolito la monarchia ereditaria. Il re d’Inghilterra viene scelto come un giurato, sulla scorta di un elenco di nomi a rotazione. A parte questo, l’intero sistema è quietamente dispotico, e a tutt’oggi non ci risulta che abbia suscitato la minima obiezione.
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