MARK FISHER PER RIPARTIRE DA UN PUNTO ZERO COL COMUNISMO ACIDO
«Il nostro desiderio è senza nome» è il primo dei volumi che minimum fax dedica agli scritti di Mark Fisher apparsi sul suo leggendario blog «k-punk» e su diversi giornali e riviste. In questo volume sono raccolti gli scritti politici, tra cui anche «Comunismo acido», la fulminante e incompiuta introduzione a quello che avrebbe dovuto essere il suo nuovo progetto. Senza lacrimosa nostalgia Fisher guarda agli anni Settanta del secolo scorso per parlare agli anni Dieci: il disappunto nei confronti della «nuova» sinistra che, sempre più impantanata nelle logiche neoliberiste, ha ormai tragicamente interiorizzato il principio tatcheriano per cui «non c’è alternativa» al capitalismo; il nuovo assetto del mondo del lavoro, sempre più atomizzato, pervasivo e precario, che ha privato i lavoratori del tempo e delle prospettive; la piaga dilagante della malattia mentale; il progressivo smantellamento del welfare; la Brexit; la minaccia del terrorismo. In un fosco panorama cybergotico e postapocalittico, Fisher non concede nulla alla rassegnazione, e anzi cerca instancabilmente una via d’uscita da quel «realismo capitalista» che rende impossibile anche solo sognare una condizione migliore: una rivolta contro la mancanza di alternative economiche, sociali ed esistenziali che sembra il segno più forte del nostro presente. Si tratta di rifiutare l’atteggiamento depressivo a cui le logiche di mercato ci hanno educati, e «valutare in modo responsabile e pragmatico le risorse a nostra disposizione qui e ora, e riflettere su come utilizzarle al meglio e incrementarle. Di muovere – magari lentamente, ma con assoluta determinazione – da dove ci troviamo oggi a un luogo molto diverso».
FONDAMENTALMENTE QUESTO VUOL DIRE “CAVALCARE LA TIGRE”.
Negli ultimi mesi del 2016, poco prima di togliersi la vita, Mark Fisher tenne una serie di lezioni e conferenza alla Goldsmiths University di Londra, esponendo i tratti essenziali di un nuovo progetto che la morte avrebbe lasciato incompiuto. Prendendo le mosse da un quesito fondamentale – vogliamo sul serio ciò che sosteniamo di volere? – Fisher esplora il rapporto tra desiderio e capitalismo, e si domanda quali nuove forme di desiderio sia ancora possibile ricavare dal passato, dal presente e dal futuro. Dallo sviluppo e fallimento della controcultura negli anni Settanta all’elaborazione di una linea di pensiero sempre più fondata su quello che è ormai diventato un termine di uso quasi comune – l’accelerazionismo progressista – le lezioni di Fisher offrono un’occasione preziosa per riflettere sull’opportunità di approdare a nuove forme di coscienza e consapevolezza, e sule implicazioni culturali e politiche che ne conseguirebbero. Un volume indispensabile per comprendere quali sarebbero state le nuove direttrici che il pensiero di Fisher avrebbe sviluppato, inoltrandosi nei territori della psichedelia e spaziando tra sociologia e musica, filosofia, arte e letteratura.Nel percorso tragicamente interrotto che ha fatto di Mark Fisher il critico culturale forse più influente delle ultime generazioni, la musica ha sempre rappresentato un interesse primario, quasi che le evoluzioni della scena pop e rock a cavallo del millennio rappresentassero lo specchio ideale per riflettere sulle dinamiche sociali e psicologiche della contemporaneità. Dopo aver sviscerato le ragioni di tale convinzione in Spettri della mia vita, nei saggi di Scegli le tue armi Fisher approfondisce le proprie riflessioni spaziando dal post punk alla jungle, dai Joy Division agli Scritti Politti. E disegna uno scenario complesso e affascinante, nel quale l’incapacità di immaginare il futuro, la rappresentazione di una metropoli «digitalizzata» e ostile, la catatonia e lo spegnersi delle pulsioni sessuali che caratterizzavano la grande stagione del rock vengono spiegati attraverso i cambiamenti traumatici che hanno investito il mondo intero: la globalizzazione del lavoro, l’ansia generalizzata , il crollo di tutte le certezze novecentesche.