Jack Kerouac
AMERIKANA è il luogo di un amore e di una separazione. L’amore fu quello di un vecchio europeo Idealista che – durante un dopo cena a “Il Girarrosto” di Corso Venezia con la Fernanda Pivano – decise di tirare lo sciacquone su tutto l’ambaradam europeo e Idealista.
«Vede, caro Di Cesare, la differenza tra la cultura europea e quella americana, è quella che corre tra l’Idealismo e il Pragmatismo.»
Di Cesare rimase allora senza parole. Ma la Fernanda Pivano proseguì e rincarò la dose: «Se uno scrittore americano, deve dire che Jack doveva passare attraverso una porta stretta, non usa questo aggettivo, “stretta”, ma dice, semplicemente: Jack riempì la porta con le sue spalle.»
Di Cesare diede alla Pivano – Fernanda – un racconto che la Pivano gli distrusse pubblicamente, e ad alta voce. Il Di Cesare tornò a casa in lacrime; però, un’ora dopo, si mise alla macchina da scrivere, pestando faticosamente i tasti, finché non tirò fuori il suo primo racconto amerikano. Non era un granché, era un’imitazione pedissequa di Hemingway, ma funzionava. Da allora passarono altri ventidue anni, alla fine dei quali la K amerikana gli uscì dalle dita, irrimediabilmente. Era passato, nel frattempo, attraverso Malcolm Lowry, e tutto si ribaltò, nuovamente.
Secondo Giorgio Soavi, gli americani: non sanno cos’è il dolore. Qualcuno a Boston legge Kierkegaard, ma non sanno lo stesso. E poi (…) un professore americano in Europa ha scoperto che Kierkegaard faceva gran viaggi in carrozza e mangiava come un porco  e allora se lo sono giocato. (…) loro non arrivano da nessuna parte. Arriveranno dove vorremo noi. I loro prodotti sono perfetti, ma i nostri durano di più. Sono costati più fatica, più sangue, più sconfitte. C’è più bestialità e più genio in quello che facciamo noi. E il loro buonsenso va bene per un popolo. Ma gli scrittori, gli intellettuali sono un’altra cosa, se ne fregano del popolo (Giorgio Soavi – Com’erano loro – Rizzoli, 1976).
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