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Una sezione dedicata al crimine, dalla letteratura poliziesca ai fatti di cronaca. Le investigazioni che hanno fatto la storia letteraria e giornalistica. Una rassegna che comprende il passato e il presente. Grandi detectives privati e commissari di polizia, assassini a volte impuniti e cold cases. La passione per il Giallo. Scenari urbani di violenza, l’Essere Umano nelle sue buie passioni, spaccati di Vita ai margini. Ma non sempre il crimine si tinge di Giallo. Qui ospitiamo anche il Pulp e il Low Fantasy, non tralasciamo nessun genere.
«Lavoro come un pazzo al libro che tu aspetti. Se non sapessi che tu lo aspetti non saprei scrivere una riga. Racconto tutto a te con una foga che mi riporta indietro a velocità vertiginosa in quegli anni. Credo che il romanzo ci sia, in queste pagine. Ma giudicherai tu.»(Piero Chiara, Lettera a Vittorio Sereni del 24 gennaio 1961)Piero Chiara
Pierino Angelo Carmelo "Piero" Chiara (Luino, 23 marzo 1913 – Varese, 31 dicembre 1986[1]) è stato uno scrittore italiano, tra i più noti della seconda metà del XX secolo.
Dopo un periodo a Roma e a Napoli, emigrò in Francia, a Nizza e quindi a Parigi, dove svolse vari mestieri. Tornato in patria nel 1931, alla visita medica per la leva militare fu riformato a causa della forte miopia. Condusse il periodo successivo sostanzialmente in ozio, fra i caffè e le sale da gioco, soggiornando spesso a Milano, dove frequentava le sale di lettura dell'Ambrosiana e di Brera.Il palazzo in centro a Varese ove Piero Chiara ebbe per qualche tempo il suo studio, presso la sezione civica del PLI
Nell'ottobre 1932 vinse un concorso come aiutante di cancelleria e fu inviato alla pretura di Pontebba, in Val Canale. Venne quindi trasferito ad Aidussina, presso il confine con il Regno di Jugoslavia, ma la primavera successiva passò a Cividale del Friuli. Nella cittadina incontrò un ambiente più stimolante che lo portò a sviluppare una visione critica nei confronti del fascismo.
Dopo la breve chiamata alle armi, nonostante il suo disinteressamento alla politica, fu costretto a fuggire in Svizzera (1944) in seguito a un ordine di cattura emesso dal Tribunale Speciale Fascista per aver messo, il 25 luglio 1943 alla caduta del Fascismo, il busto di Mussolini nella gabbia degli imputati del tribunale in cui lavorava. In Svizzera visse in alcuni campi in cui venivano internati i rifugiati italiani.
La sua carriera di scrittore culmina nel 1976 con il capolavoro La stanza del vescovo che diventerà immediatamente un film di grande successo diretto da Dino Risi e interpretato anch'esso da Ugo Tognazzi, insieme a Ornella Muti. Spesso appare come comparsa o recitando in piccole parti nei film tratti dai suoi romanzi, per esempio come giudice del tribunale in Homo Eroticus e Sono stato io!.Morirà dieci anni dopo, il 31 dicembre 1986, a Varese, dopo aver anche ricoperto numerosi incarichi nel Partito Liberale Italiano anche a livello nazionale. Lo scrittore fu inoltre affiliato alla Massoneria nelle logge di Varese, Milano e Como.[3] Tre anni dopo la sua morte, un gruppo di amici, con il supporto degli enti locali del Varesotto, onorerà la sua memoria istituendo il Premio Chiara, un premio letterario rivolto a raccolte di racconti pubblicate in Italia e Svizzera italiana, cui saranno via via affiancate numerose iniziative a sfondo culturale. (Wikipedia)
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